
Ogni volta Roma mi fa dei regali inaspettati. Mi stupisce sempre con una esoticità sconcertante. Mentre stormi di parrocchetti dal collare (asiatici) si contendono i cieli con gli altrettanto verdi parrocchetti monaco (sud americani), per le strade il terzo paesaggio si popola di amici sconosciuti o fuori luogo. Già avevo visto la Galinsoga spuntare dai Sanpietrini e un’improbabile Capelvenere testardo, su un tetto tra i condizionatori, ma ancora non avevo visto la Commellina. Il suo blu sgocciato da quel giallo acceso è così insolito nella crepa tra muro e marciapiede che l’occhio ne viene punto.
Erba miseria asiatica la chiamano e viene dall’oriente, importata secoli fa all’inizio della globalizzazione. Noi chiamiamo erba miseria la Tradescantia ed in effetti le due piante sono parenti accomunate nella famiglia delle Commellinaceae. Il nome della famiglia è stato attribuito da Linneo in onore di due insigni botanici olandesi, zio e nipote, Jan e Kaspar Commellin studiosi della flora d’Olanda e delle Indie Occidentali, che si erano occupati di specie esotiche.
La Commellina communis in Cina é considerata febbrifuga ma laggiù la sua fama é legata anche alla sua pericolosa esuberanza vitale. É una pianta molto rustica con una crescita vigorosa e sverna in bulbi protetti dal suolo o dalla lettiera, produce semi resistenti e con ottima germinabilità, resiste a grandi tenori di umidità e gradisce terreni molto organici. Tutte queste caratteristiche la rendono temibile dove si presentano condizioni favorevoli ed infatti dove può cerca di invadere; aggredisce luoghi come argini e risaie diventando un vero flagello oggetto di lotta selettiva per gli agricoltori cinesi.

La Commelina fiorisce dall’estate all’autunno, da giugno a ottobre.
I fiori, scarsamente profumati ma molto particolari, della Commelina durano solo un giorno e in posti soleggiati addirittura poche ore infatti si schiudono al mattino presto e verso mezzogiorno termina la loro vita.
Da noi colonizza molti habitat ma in luoghi umidi e ombreggiati ripropone la sua invadenza limitando la biodiversità della vegetazione autoctona.
Non a Roma tuttavia, qui stenta anche lei, tra i selciati crepati insieme all’erigero canadese ed alle “erbacce” ai margini del mondo dell’uomo.
Massimo Luciani – Etnobotanica
22 luglio 2023
Storie di alberi e piante