È quanto emerso dall’indagine realizzata da Erion WEEE e Altroconsumo e presentata in ottobre a Roma. Il Sistema italiano dei RAEE ( Rifiuto da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) è una best practice, ma servono più controlli sui flussi illegali paralleli

Gianpaolo Platto, Presidente di Erion WEEE, il principale consorzio italiano di gestione dei rifiuti elettronici: “Alla raccolta italiana di quest’anno mancheranno all’appello 3 milioni di grandi RAEE e circa 400 milioni di pezzi di piccoli elettrodomestici”. Per verificare dove finiscono i rifiuti elettronici che sfuggono al Sistema formale del riciclo è necessario andare a cercare questi flussi nascosti di RAEE e bloccarli. Un Paese povero di materie prime come l’Italia ha l’obbligo di implementare quest’azione per non sprecare l’opportunità di una vera economia circolare.
Per capire dove andavano a finire, Altroconsumo in collaborazione con Erion WEEE ha spiato a distanza il percorso di centinaia di RAEE, tutti dotati di un trasmettitore gps, una sorta di pulce elettronica che ha permesso di seguirne ogni spostamento. Sono stati coinvolti 370 cittadini che erano in procinto di cambiare il vecchio apparecchio con uno nuovo, alcuni voluminosi come i grandi elettrodomestici (lavastoviglie, congelatori, frigoriferi…), altri maneggevoli (come tablet, smartphone o notebook). Sono stati seguiti nel loro viaggio verso gli impianti di trattamento a cui sarebbero destinati dopo aver lasciato le nostre case perché rotti o troppo vecchi. Un viaggio che, come dimostra questa inchiesta, spesso prende rotte sbagliate. All’interno di ogni grande elettrodomestico tecnici specializzati hanno inserito il trasmettitore gps a batteria, in grado di garantire il monitoraggio a distanza del RAEE. Una procedura analoga è stata fatta per i dispositivi digitali come tablet, notebook e smartphone sui quali è stato applicato un trasmettitore di dimensioni più piccole. La trasmissione del segnale è avvenuta tramite la rete di telefonia mobile attraverso una scheda sim. L’inchiesta è stata fatta in collaborazione con Erion Weee, il principale consorzio italiano di gestione dei rifiuti elettronici.

Il 34% dei RAEE monitorati non arriva a destinazione, ovvero negli impianti autorizzati e accreditati per il trattamento dei rifiuti elettrici ed elettronici, dove vengono trasformati di nuovo in materie prime. Perché prendono strade sbagliate? I RAEE sono ricercati e ritenuti appetibili perché contengono elementi preziosi, come oro, argento e rame, che possono essere estratti una volta che diventano rifiuti. La prassi corretta vuole che gli elettrodomestici da buttare arrivino nelle isole ecologiche comunali. Dopo una sosta in queste piazzole, il RAEE è destinato a un impianto di trattamento per il riciclo. Ed è proprio qui che iniziano i guai. Entrare indisturbati nelle piattaforme comunali non è difficile, almeno a piedi. I ricercatori di Altroconsumo lo hanno fatto indossando una telecamera nascosta che ha permesso di documentare la realtà dei fatti. I controlli non sono sempre garantiti, visto che da qui a volte spariscono dei rifiuti elettronici nonostante in genere ci siano telecamere e recinzioni. Dove vanno questi Raee? Molti, il 66% dei monitorati arrivano negli impianti di trattamento, dove sono recuperati i preziose materiali che contengono, quindi il luogo giusto, ma tanti prendono strade anomale, insomma, illecite. Solo 175 apparecchi sono approdati in un impianto accreditato, il resto ha preso una strada sbagliata in modo più o meno grave.
Diversi apparecchi varcano i confini nazionali, come le tre lavatrici partite da un impianto accreditato della provincia di Venezia e finite in Slovenia. E poi c’è un notebook consegnato in un negozio di elettronica, dove ha sostato poche ore, sparito per tre mesi dal nostro radar e poi ricomparso in Senegal. Un altro portatile, uscito da un’isola ecologica, è finito da un rottamaio di Napoli dove è rimasto per circa due mesi, da lì è approdato al porto per riapparire dopo due settimane ad Alessandria d’Egitto. Infine, un notebook è arrivato in Marocco: dall’isola ecologica è finito in un’abitazione nel nord Italia per poi raggiungere in un secondo momento una discarica a Casablanca. E poi ci sono tanti casi nostrani, dal RAEE ritirato in un negozio che arriva a un mercatino dell’usato, gli apparecchi che finiscono dai rottamai, disposti a pagare i rifiuti elettronici più di quanto garantito dagli impianti che rientrano nel circolo virtuso dei Consorzi di gestione. Consorzi, va detto, che sono lasciati soli ad affrontare l’emergenza.
Il sistema italiano dei RAEE funziona ed è una best practice di economia circolare in Europa. Purtroppo sono ancora troppi i RAEE che finiscono in flussi alternativi a quello ufficiale, e se si continua a non intervenire si lascia spazio all’illegalità oltre a tradire la fiducia dei cittadini che si sono impegnati a rispettare le regole di smaltimento previste dai Comuni. Questa inchiesta fa emergere la necessità di incrementare i controlli lungo la filiera e anche alle frontiere con ispezioni sui container in partenza dai porti italiani verso l’Africa. Servono poi sanzioni e regole stringenti da parte delle autorità sui furti di rifiuti elettronici. Purtroppo, quello che esce dall’indagine non è economia circolare, ma interesse privato di qualcuno che cattura qualche materia prima nel modo più semplice e meno costoso possibile e butta via tutto il resto. Questo è uno scandalo ai danni dell’ambiente, dei cittadini, dell’industria virtuosa del riciclo, ai danni del Pianeta, dei Produttori di AEE e dei loro Consorzi.
Paolo Serra
13 novembre 2023
Economia circolare