
La melissa officinalis mi è cara. Una delle mie prime scoperte botaniche. Aiutato dal naso sapevo riconoscerla fin da piccolo. Le foglie somigliano all’ortica, il fusto ha persino qualche pelo ma le infiorescenze assomigliano alle nepetelle e il profumo è davvero caratteristico, fresco e “limonoso”.
Tra i miti dell’Antica Grecia riguardanti la teogonia c’è quello di Crono, padre di Zeus poi conosciuto da tutti per essere il il capriccioso padre degli dei e degli uomini, signore del fulmine, il sovrano dell’Olimpo che governava su tutti gli Dei dell’Antica Grecia. A Crono, era stato predetto che un figlio lo avrebbe precipitato dal cielo e sostituito, così lui i figli se li mangiava affinché non avessero occasioni di spodestarlo dal suo trono olimpico. Rea, la moglie, era stanca di vedersi i figli divorati e quando le nacque il bellissimo Zeus pensò di nasconderlo perché non avesse a patire la fine dei fratelli. Sul monte Ida gli pose a balia la capra Amaltea dal ricco latte e chiese alla dolce ninfa Melissa di nutrirlo con il miele. Melissa significa appunto: colei che produce il miele e per estensione, l’ape. Ed in effetti la pianta è molto attraente per imenotteri e ditteri (api e moschine), molto meno per i lepidotteri (farfalle) perché il fiore è molto piccolo e non adatto alla lunga spiritromba (la proboscide con cui si nutrono) di questi colorati insetti. Il sopravvissuto Zeus sconfiggerà poi il padre Crono, facendogli rigurgitare gli altri figli che aveva divorato, e il primo oggetto vomitato da Crono fu proprio quella pietra che egli aveva inghiottito scambiandola per Zeus.
Dal punto di vista delle sue proprietà curative la pianta non era molto considerata in passato anche se già i Greci prima e gli Arabi nel X secolo avevano notato che fosse utile nei casi di melanconia. Piano piano si iniziò ad apprezzarla di più e nel medioevo, in maniera un po’ sessista per la verità, veniva prescritta contro “l’isteria femminile”. In realtà come è ovvio agisce efficacemente su tutti ed il suo effetto è piuttosto significativo tanto da indurre Carlo Magno ad ordinare che venisse coltivata in tutti gli orti dei semplici e nei conventi del regno, da usare come sedativo e tranquillante.
Nel XVI secolo molti elisir famosi prevedevano la melissa nella loro preparazione: ad esempio lo “Chartreuse” del monaco benedettino Don Bernardino Vincelli o l’ “Elixir di lunga vita ” di Paracelso o anche il “Cusenier” dell’Abate di Montbenoit.
Oggi la melissa si prescrive contro gli stati d’ansia, d’insonnia, inappetenza, contro disturbi nervosi ed anche come antipiretico. Sembra una panacea. Però…..Attenzione perché noi non siamo in grado di valutarne ad esempio le interazioni. Pensiamo: “Che vuoi che sia una tisanina, o 5 gocce d’olio essenziale o di tintura madre, un bicchierino di vino medicato”. Beh non è così perché l’essenza pura di Melissa è considerata uno stupefacente e anche se poco tossica già in piccole dosi provoca torpore e rallentamento del battito. Dovrà tenerne conto di soffre di aritmie, brachicardia o pressione bassa. La melissa inoltre interferisce con gli effetti di farmaci sedativi aumentandone gli effetti e agisce significativamente sull’attività della tiroide e per questo è consigliabile non automedicarsi con le erbe.
Allo stato selvatico è oggi una pianta poco comune, trova maggior spazio nei giardini e soprattutto nelle coltivazioni essendo utilizzata dall’industria dei profumi, in liquoreria ed anche nella preparazione di prodotti per la cosmesi.
Poiché l’aroma dei fiori si guasta ancor prima che la pianta sia appassita, io la uso esclusivamente fresca anche se in erboristeria si trova secca per farne tisane digestive o che concilino il sonno. Fresca può essere usata localmente sulle punture d’insetto. Io la spalmo sulle parti scoperte del corpo se le zanzare diventano moleste e sono all’aperto.
Massimo Luciani – Etnobotanica
18 febbraio 2024
Storie di alberi e piante