
Castanea sativa, ossia il castagno. I latini lo chiamavano “Iovis glandes” ossia, i genitali di Giove. Il castagno é originario, sembra, della regione caucasica, ma in realtà é difficile stimare la regione di origine perché é preesistente delle glaciazioni e potrebbe, quindi, essersi ritirato per poi ricomparire al miglioramento del clima anche alle nostre latitudini.

É un albero “maschile”. Un forte e nodoso tronco con una estesa chioma globosa. Puo raggiungere età millenarie; in Sicilia alle pendici dell’Etna c’è un castagno con un’età stimata di oltre 2000 anni; é chiamato “castagno dei cento cavalli” perché una qualche, non meglio identificata, regina Vittoria vi si riparò, durante un temporale, con il suo numeroso seguito di cavalieri.
Ha avuto un valore antropologico immenso e, anche se oggi la sua importanza é marginale per l’economia umana moderna, in passato non era così. Un tempo la fascia mediocollinare temperata tirrenica era dominata dal castanetum, una consociazione di fagaceae meso mediterranee come le querce e i castagni appunto, con carpini e frassini.

In un’economia rurale, avere in uso un castagneto, significava avere accesso a molte risorse, alimentari e tecnologiche: i frutti tal quali, essiccati o sfarinati, per l’alimentazione umana e animale; le foglie, fonte di tannini, potevano essere imbottiture e lettiere; il legno, usato in ebanisteria, come materiale da costruzione, pali elettrici, botti e mobili; infine è anche un ottimo combustibile. Inoltre è un albero che può essere facilmente allevato a ceppaia e a fustaia ( è molto pollonifero) e vi si può produrre miele e funghi.
Il castagno però ha alcune esigenze in fatto di suolo, ad esempio non sopporta suoli basici, nè argillosi, teme i ristagni d’acqua ed inoltre ha bisogno di stagioni vegetative molto lunghe. Ciò ha comportato nel tempo l’espansione dei castagneti “governati” e quindi monovarietali ovunque le condizioni fossero favorevoli, fintanto che all’uomo serviva. Oggi che il significato economico del castagno si è assottigliato ed i boschi non sono più governati, tornano le querce, il carpino ed i frassini.
Il castagno ha dunque enormemente aiutato l’uomo e lo ha anche fortemente ispirato. In letteratura é spesso, citato a sfondo delle storie. A Plinio non piaceva perché fa fare le puzzette, ma a Giovanni Pascoli sì e nelle Myricae così ne canta:
“Per te i tuguri sentono il tumulto
or del paiolo che inquïeto oscilla;
per te la fiamma sotto quel singulto
crepita e brilla;
tu, pio castagno, solo tu, l’assai
doni al villano che non ha che il sole;
tu solo il chicco, il buon di più, tu dài
alla sua prole;
ha da te la sua bruna vaccherella
tiepido il letto e non desìa la stoppia;
ha da te l’avo tremulo la bella
fiamma che scoppia.
Scoppia con gioia stridula la scorza
de’ rami tuoi, co’ frutti tuoi la grata
pentola brontola. Il vento fa forza
nell’impannata.
Nevica su le candide montagne,
nevica ancora. Lieto è l’avo, e breve
augura, e dice: Tante più castagne
quanta più neve.” Giovanni Pascoli, Il castagno
Storie di alberi di Massimo Luciani
25 settembre 2020
foto: Massimo Luciani