Eccellenze gastronomiche italiane: i tortellini leggendari di Valeggio

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Valeggio sul Mincio

La tradizione enogastronomica italiana vanta eccellenze che insieme alla qualità e al gusto sono permeate di storie e, talvolta, leggende che li rendono ancora più affascinanti e saporiti, ma che non molti conoscono. È il caso di un primo piatto a base di tortellini che è divenuto un protagonista assoluto di una recente prova in esterna del programma televisivo di cucina MasterChef Italia e che è l’orgoglio di un incantevole borgo veneto.
Valeggio sul Mincio è una cittadina situata a circa 30 chilometri da Verona: borgo di ville palladiane, giardini incantati e mulini sull’acqua, ma anche di tortellini, chiamati agnolin nel dialetto locale, legati a una storia antica che affonda le sue radici nelle acque del Mincio e narra di un amore impossibile, ma eterno… La fiaba poi è diventata leggenda e la leggenda ha fatto sì che questo tortellino conoscesse una denominazione più fortunata, con cui oggi è conosciuto in tutto il mondo: il nodo d’amore di Valeggio.

Le origini e la ricetta stessa dei tortellini si riallacciano proprio a una fiaba, ideata e raccontata da Alberto Zucchetta, maestro orafo, studioso di simbologia medievale e grande appassionato di cucina. La leggenda riprende personaggi e fatti della storia dell’epoca ed è ambientata alla fine del ‘300, quando la zona era al centro di scontri e tentativi di espansione da parte dei signori locali e della Repubblica di Venezia. L’Italia settentrionale è attraversata da numerose guerre: il signore di Milano, Giangaleazzo Visconti, detto “il Conte di Virtù”, si apposta con le sue truppe sulle sponde del fiume Mincio con l’obiettivo di sviluppare un piano per attaccare i nemici. Ma è a questo punto che entra in scena la magia, perché nell’accampamento il buffone Gonnella inizia a raccontare ai soldati una leggenda locale. Pare che quel fiume sia popolato da splendide ninfe che, di tanto in tanto, escono dalle fredde e torbide acque per danzare. Ma una terribile maledizione ha condannato le bellissime creature trasformandole in orride streghe… Proprio quella notte, le ninfe-streghe escono dal fiume e iniziano a danzare tra le tende dei soldati addormentati. Ma il valoroso capitano Malco, ridestatosi dal sonno e vedendo questi misteriosi esseri incappucciati, li affronta coraggiosamente, facendoli fuggire verso il fiume. Una di queste ninfe viene raggiunta e, nel tentativo di liberarsi, perde il mantello e rivela così la sua vera identità: non quella di un essere mostruoso, ma di una ninfa incantevole chiamata Silvia. Inutile dire che tra i due è amore a prima vista, come in tutte le grandi storie, al punto che giurano di amarsi per l’eternità: all’alba, prima di tornare nel suo regno incantato, Silvia lascia a Malco un fazzoletto di seta dorato come pegno della sua fedeltà.
La sera seguente si tiene un ricevimento presso la Corte del Conte di Virtù: tra le danzatrici, Malco riconosce immediatamente la sua Silvia, che è uscita dalle profondità del fiume soltanto per poterlo rivedere. Gli sguardi dei due innamorati attirano le gelosie di Isabella, nobile dama, nonché cugina – guarda caso – proprio del Conte, da tempo invaghita del capitano. Isabella denuncia Silvia come strega, ma quando le guardie stanno per arrestarla, Malco si mette in mezzo permettendo alla ninfa di fuggire.
Malco è solo, disperato e imprigionato. Isabella gli fa visita, pentita dalle sue azioni, e chiede perdono. Ma in quel momento riappare anche Silvia, riemersa dal fiume per liberarlo, e costringe Isabella a lasciarli andare. La ninfa ha un piano: un luogo sicuro per vivere il loro amore esiste, ma non si trova su questa terra… L’unico modo che hanno per stare insieme è quello di trovare rifugio proprio nelle acque tumultuose del fiume. Malco accetta senza pensarci due volte e i due fuggono. Ma il Conte, allertato dalle guardie, li insegue: sarà proprio Isabella a fermarlo momentaneamente, per dare ai due fuggiaschi il tempo di raggiungere il fiume. E infatti, quando il Conte e le guardie arrivano sulle sponde del Mincio, è troppo tardi: abbandonato sulla riva, c’è solo un fazzoletto di seta dorata, annodato dai due amanti come simbolo del loro eterno amore…
Per ricordare questa storia struggente, le donne locali hanno iniziato a tirare, nell’intimità delle proprie case, una sfoglia sottile come la seta e gialla come l’oro più prezioso e che, una volta farcita, viene poi simbolicamente “annodata” similmente al drappo della ninfa Silvia: ed è così, narra la leggenda, che nacque il nodo d’amore.

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Inventata o meno, questa leggenda ha permesso al tortellino di Valeggio – un prodotto senz’altro d’eccellenza, ma ancora sconosciuto al di fuori dal proprio territorio – di affascinare una grande fetta di pubblico, diventando appunto famoso come “nodo d’amore”. Il diritto del nome, così come la ricetta appartiene all’Associazione Ristoratori di Valeggio, depositaria anche della ricetta originale.
Sono stati definiti tortellini “romantici”, per la leggenda ovviamente ma anche perché – a detta di chi li fa e li ha provati – sono indimenticabili. Si tratta di un tipo di pasta fresca ripiena, la cui sfoglia deve essere sottilissima, quasi un velo (proprio come la seta), fatta con circa 10 uova per chilo di farina. Il ripieno è ciò che li distingue dagli altri tortellini, perché è particolarmente delicato. Consiste infatti in un brasato di carni di manzo, vitello, maiale e anche pollo, macinate e mantecate solo con un uovo. Non c’è aggiunta quindi di alcun formaggio o salume, come per i tortellini bolognesi, che prevedono un ripieno di lombo di maiale, prosciutto crudo, mortadella di Bologna e Parmigiano Reggiano, oltre che di uova e noce moscata. I nodi d’amore si gustano in brodo, meglio se misto di cappone e manzo, e sono sono talmente apprezzati in questa versione da essere richiesti così anche in pieno agosto, un po’ come per i tortellini bolognesi che – per i puristi – andrebbero consumati soltanto “annegati”. Altrimenti, possono essere serviti con un condimento al burro fuso e salvia, come per il classici tortelli. Ogni anno a giugno, dal 1993, a Valeggio sul Mincio si tiene una festa proprio in onore del Nodo d’amore, che culmina con una sontuosa cena all’aperto per oltre 3.000 commensali, seduti attorno a una tavola lunga più di 1 chilometro sul Ponte Visconteo. Pensate che per l’occasione si sfornano ben 13 quintali di tortellini. Per chi volesse provare a cucinarli, la ricetta è pubblicata sul sito della Pro Loco di Valeggio sul Mincio.

di Redazione

14 febbraio 2021

Fonte: ilgiornaledelcibo.it
Credits: ProLocoValeggio/facebook.com

Alimentazione consapevole

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