
La vaniglia fa parte del nostro quotidiano, in maniera più o meno esplicita, perché quest’aroma serve a profumare e a dolcificare molti prodotti di pasticceria come creme, cioccolata, biscotti, viene usata in profumeria e si trova anche nei prodotti per l’igiene. La vanillina, la molecola che impartisce alla vaniglia il suo tipico profumo è l’aroma più famoso del mondo dopo lo zafferano e il cardamomo: è anche un importante precursore per farmaci e prodotti per l’agricoltura, e viene usata perfino nei processi di produzione delle gomme delle automobili. Si tratta di un’aldeide aromatica, precisamente è la 4-idrossi-3-metossibenzaldeide che, a temperatura ambiente si presenta come un solido cristallino bianco (o giallo tenue se poco pura) dal caratteristico profumo di vaniglia, abbastanza solubile in acqua, sebbene si scioga molto meglio in etanolo (500 g/l a 20 °C) e nei più comuni solventi organici.
La vanillina naturale è estratta dai baccelli del seme di Vanilla planifolia una bellissima orchidea originaria del Messico, oggi coltivata nelle zone tropicali di tutto il mondo. Il Madagascar è attualmente il più grande produttore di vanillina naturale. Al momento del raccolto, i baccelli verdi contengono vanillina in forma di precursore (ß-D-glucoside) e sono sprovvisti sia del sapore che dell’odore caratteristico. Dopo essere stati raccolti, l’aroma caratteristico viene sviluppato attraverso un processo di stagionatura che dura diversi mesi, i cui metodi variano a seconda dei produttori. In generale i baccelli vengono sbiancati in acqua calda, per arrestare i processi di deterioramento dei tessuti vegetali, quindi, per 1–2 settimane, durante il giorno, vengono stesi al sole e ogni notte avvolti in panni e imballati in scatole a tenuta stagna per sudare. Durante questo processo, i baccelli diventano marrone scuro e gli enzimi presenti rilasciano vanillina come molecola libera. Infine, i baccelli vengono essiccati e ulteriormente invecchiati affinché i sapori si sviluppino ulteriormente. I baccelli di vaniglia stagionati contengono circa il 2% di vanillina secca; su baccelli di alta qualità, la vanillina relativamente pura può essere visibile come una polvere bianca sulla parte esterna del baccello.
E’ facile capire che il processo di estrazione è lungo, complesso e costoso, a partire anche dalla coltivazione delle piante che prevede fino a 3 anni per il raggiungimento della maturità, mentre la fioritura dura solo circa 2 mesi, durante i quali ogni giorno i fiori sono impollinati da mani esperte. La produzione di vanillina naturale ha limiti di quantità, di velocità e di costo penalizzanti rispetto alla richiesta del mercato industriale, che da tempo ha di gran lunga superato l’offerta. Quindi la maggior parte dell’aroma impiegato è di origine sintetica. Si stima che la produzione mondiale di vanillina sintetica sia di circa 12.000 tonnellate l’anno; la vanillina di origine naturale, ottenuta dalle 2.000 tonnellate/anno di semi di vaniglia raccolti nel mondo, ammonta a circa 40 tonnellate l’anno. Questo si riflette anche sui costi che variano dai 30 euro per la sintetica fino oltre i 1300 euro al chilo per quella naturale. L’aroma di sintesi è ottenuto chimicamente da alcune frazioni del petrolio o dai residui della cellulosa (più precisamente dalla lignina contenuta nelle acque reflue della cartiere). Tutti questi metodi di produzione hanno il difetto di richiedere varie fasi di ricristallizzazione prima di arrivare ad avere vanillina sufficientemente pura da poter essere utilizzata in campo alimentare. Affinché la vanillina diventi commestibile e quindi commercializzabile come alimento è indispensabile che il processo di lavorazione sia fatto con le migliori accortezze, eliminando ogni tipo di sostanza chimica utilizzata per la sua produzione (come per esempio il solvente toluene, altamente cancerogeno). Di conseguenza una vanillina sintetica non ben purificata può costare meno, ma può avere anche degli aromi non desiderati o peggio.
Il basso costo della vanillina di sintesi rispetto all’estratto di vaniglia ha reso appetibile la truffa commerciale di vendere con lauti guadagni vanillina “falsa” o adulterata, spacciandola per estratto di vaniglia, e ottenuta utilizzando altre sorgenti naturali come ad esempio le fave di tonka o specie di orchidee non pregiate, sino ad arrivare alla corteccia di ciliegio e all’erba di San Giovanni. Questi primi tentativi furono scoperti grazie ad una analisi chimica dei residui minerali, presenti nell’estratto di vaniglia. Ora con le tecniche sofisticate di analisi è sufficiente verificare la presenza quasi esclusiva della vanillina e l’assenza delle altre molecole presenti nella produzione sintetica, tra cui anche quelle che possono danneggiare la salute.
Bisogna dunque stare attenti quando si acquista la vaniglia per aromatizzare dolci e creme in cucina: in primo luogo è bene prestare attenzione al marchio di vanillina, seguito da una lettura attenta delle etichette che può dirci se è presente l’estratto di vaniglia (sempre e comunque da preferire nelle qualità Bourbon e Tahiti) o solo l’aroma di vaniglia. Nel dubbio, di alternative per aromatizzare e dolcificare i dessert ce ne sono molte: cannella, anice stellato, fiori commestibili o la buccia grattugiata degli agrumi biologici, solo per citarne alcune.