
di Marina Melissari
Se ci si pensa un momento, l’economia circolare non è che l’applicazione del principio “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” che regola da sempre i sistemi naturali. È la legge naturale di conservazione della massa che nel 1772 individuò Antoine Lavoisier, iniziatore della chimica moderna: in una reazione chimica nulla si crea, nulla si distrugge, tutto ciò che c’era prima si trova anche dopo che la reazione è avvenuta. Dimostrò sperimentalmente che la materia non può essere creata o distrutta, ma solo trasformata. Nella seconda metà del 1800, Joule, Carnot, Thomson, Clausius e Faraday svelarono che lo stesso principio valeva per l’energia, pervenendo ad una compiuta descrizione dei primi due principi della termodinamica. Si tratta dunque dell’applicazione ai modelli economici del principio di conservazione della massa che si traduce nella valorizzazzione dei rifiuti come risorsa, ma è anche la chiave per comprendere cosa significa davvero innovare: non creare qualcosa ex novo, ma recuperare e trasformare ciò che è passato per renderlo in futuro migliore. I prodotti che compriamo e utilizziamo non sono mai totalmente nuovi. Hanno già vissuto mille vite, sotto altre forme. Sono tanti piccoli frammenti di qualcosa che è stato trasformato.
L’economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo ed a generare ulteriore valore. Questi principi contrastano con il tradizionale modello economico lineare, fondato invece sul tipico schema “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”.
L’economia circolare rappresenta una straordinaria occasione per compiere l’auspicata rivoluzione nell’ottimizzazione dell’uso di risorse naturali e nella gestione dei rifiuti, rottamando l’utilizzo della discarica e della combustione dei rifiuti a fini energetici, ma non solo.
Si pone tra gli obiettivi la lotta allo spreco di cibo, la raccolta separata della frazione organica, l’allungamento della vita dei prodotti, impone vincoli alla riciclabilità e riparabilità dei beni, mettendo fine al fenomeno della durabilità programmata. Ulteriore aspetto, non meno importante, è il vantaggio in termini di competitività, innovazione e risparmio economico.
Per praticarla concretamente occorre però avere un’idea chiara e progettata dei processi di produzione e dei servizi da attuare. Quelli che prima erano scarti, diventano nuova materia prima per altri cicli produttivi e nuovi prodotti ben progettati entrano nella rivoluzione sostenibile che l’economia circolare vuole portare a modello.
Il recupero e il riutilizzo diventano parte integrante dei processi, insieme a tutte quelle misure volte ad una riduzione dei costi di produzione, minore dipendenza dalle materie prime vergini, un impulso alla crescita di opportunità lavorative, al contenimento dell’inquinamento che proviene dai rifiuti e dalle emissioni del processo produttivo.
Ambiente, occupazione, economia e contesto sociale sono gli ingredienti di base dell’economia circolare. Di fronte ai cambiamenti sociali, economici e culturali, la sfida che attende i territori è ripensare il proprio modello di sviluppo in chiave di sostenibilità e utilità. Per favorire l’integrazione e la cooperazione, puntando sull’innovazione, costruendo reti di inclusione, inventando nuovi spazi collettivi.