Il futuro prossimo delle imprese è già cominciato e passa dai principi ESG (Environmental, Social, Governance) per guidare le scelte dei processi di investimento aziendale e la composizione dei bilanci
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E’ una buona notizia che la tendenza delle aziende ad aderire ai principi per gli investimenti responsabili registrata negli ultimi anni, sia ormai indirizzata verso la definitiva applicazione dei criteri di sostenibilità ambientale e sociale delle produzioni. Sempre più imprese hanno incorporato le tematiche ESG nelle proprie politiche aziendali, nell’analisi e nei processi di investimento, per intercettare la spinta dell’Unione Europea che ha posto la sostenibilità ambientale e sociale al centro delle proprie politiche e ha varato il Piano d’Azione per finanziare la crescita sostenibile al fine di raggiungere gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile entro il 2030. Anche le scelte degli investitori si orientano sempre più in questa direzione. Lo dimostra in modo palmare quanto sta accadendo nel mondo della finanza.
Deloitte al World Economic Forum: si va verso la creazione di uno standard globale per misurare l’impatto degli ESG (Environmental, Social, Governance) nei bilanci delle imprese: un’integrazione sempre più stretta di informativa finanziaria e non finanziaria, con un’attenzione specifica ai rischi e alle opportunità legate alla sostenibilità e, in particolare, al cambiamento climatico: è questo il futuro dei bilanci per le aziende. Un futuro che si fa sempre più vicino con la pubblicazione del paper “Reporting on enterprise value”, redatto dalle principali organizzazioni di riferimento a livello internazionale per gli standard di informativa ESG e presentato al World Economic Forum con il supporto di Deloitte e Impact Management Project. «Un documento che rappresenta una rivoluzione in ambito di Corporate Reporting che potrebbe modificare i sistemi di informativa per molte imprese nel mondo», commenta Franco Amelio, Sustainability Leader di Deloitte Italia, «perché con esso è stato creato il primo prototipo di standard dedicato all’informativa sulla sostenibilità e sul cambiamento climatico. L’obiettivo è riuscire a quantificare e comunicare gli effetti di questi fenomeni sulla generazione o sull’erosione di valore per le imprese. Si tratta di una base di sviluppo per la creazione di uno standard globale ESG (Environmental, Social, and Governance) che potrebbe essere implementato in futuro».
Un nuovo approccio che unisce dimensione finanziaria e non finanziaria della sostenibilità, una chiave di lettura completamente rinnovata del valore d’impresa, guidata dalla lente dello sviluppo sostenibile, che sta emergendo a tutti gli effetti come driver di riferimento per gli investitori e per la comunità finanziaria in senso lato e mette al centro delle priorità l’informativa correlata ai rischi e alle opportunità del cambiamento climatico per l’impresa e ai conseguenti impatti – inclusi quelli finanziari – sul suo valore e riconoscendo nei suoi pilastri – governance, strategia, gestione del rischio e metriche – una valida guida per tutte le tematiche di sostenibilità.

Cosa sono gli ESG, perché è importante investire in ESG e i criteri da seguire
L’acronimo ESG sta per Environmental, Social, Governance, si utilizza in ambito economico/finanziario per indicare tutte quelle attività legate all’investimento responsabile (IR) che perseguono gli obiettivi tipici della gestione finanziaria tenendo in considerazione aspetti di natura ambientale, sociale e di governance. In altre parole gli ESG sono i parametri usati per definire l’Investimento Sostenibile e Responsabile che mira a creare valore per l’investitore e per la società nel suo complesso attraverso una strategia di investimento orientata al medio-lungo periodo che, nella valutazione di imprese e istituzioni, integra l’analisi finanziaria con quella ambientale, sociale e di buon governo.
Focalizzare la propria attenzione esclusivamente sui rendimenti finanziari e i fondamentali di un determinato settore o azienda è ormai diventato un esercizio riduttivo e gli investitori nel campo del risparmio gestito anche in Italia, prestano sempre maggiore attenzione ai fattori ESG. Favorita anche dalla spinta dei Millennials, la crescita della domanda è inarrestabile e la gamma di prodotti offerti sempre più varia.
A partire dal 2014 le Borse del Nord America e del vecchio continente hanno iniziato a registrare maggiori performance da parte delle aziende che avevano integrato nei loro processi i criteri ESG – Environmental, Social and corporate Governance.
In Europa, principalmente per effetto dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015, gli investimenti ESG sono diventati una vera e propria strategia e le aziende non possono ormai non tener conto di questo aspetto.
Nel giro di pochi anni, infatti, i criteri ESG sono passati dall’essere dei criteri “nice to have” a dei criteri “must have” per le aziende.
La crescita di questa attenzione è stata accompagnata nel tempo da numerosi interventi istituzionali, a partire dalle Nazioni Unite che individuarono dei principi al fine di guidare le scelte dei processi di investimento. Le aziende che si sono impegnate ad aderire ai principi per gli investimenti responsabili hanno incorporato le tematiche ESG nelle proprie politiche aziendali, nell’analisi e nei processi di investimento.
Inoltre, si sono impegnate a cercare gli stessi fattori anche nelle controparti e a cooperare in tal senso, a promuovere la responsabilità sociale d’impresa e a documentare e diffondere le attività e i progressi in tale ambito.
I criteri di definizione di un investimento sostenibile possono essere raggruppati in tre macro voci: Esclusione, Integrazione e Impatto.
I criteri di selezione possono essere “positivi” o “negativi”. Un criterio “negativo” è ad esempio l’Esclusione. In questo caso gli asset manager che compiono le loro scelte di portafoglio e selezione dei titoli adottando questo criterio escludono le aziende che operano in settori non socialmente responsabili come armi, pornografia, tabacco, test su animali, scommesse ed energia nucleare.
Il criterio “negativo” può essere associato anche ad un Paese, come quelli che esercitano la pena di morte o non rispettano i diritti umani.
Per quanto riguarda i criteri di selezione “positivi”, uno di questi è l’Integrazione dei fattori ESG, ovvero al fine di costruire i portafogli di investimento vengono valutati aziende e Paesi per i quali viene riscontrato o dichiarato l’impegno in ambito ESG. Vengono presi in considerazione, infatti, attori attenti alla riduzione delle emissioni di Co2, alla corretta gestione dei rifiuti e che utilizzano energie rinnovabili.
Vengono preferite, inoltre, le aziende che in ambito sociale rivolgono particolare attenzione alla salute e al welfare dei dipendenti, ai diritti dei lavoratori, alle condizioni di lavoro e che sviluppano relazioni con le comunità e gli enti locali. Per quanto riguarda la buona governance le stesse devono rispettare la trasparenza e mettere in atto politiche di anticorruzione, remunerazione del management e dialogo con gli stakeholder. Sempre nell’ambito dei criteri di selezione “positivi” lo strumento dell’Impact investing riguarda gli investimenti realizzati con l’obiettivo di generare un impatto sociale e ambientale positivo e misurabile unitamente ad un rendimento finanziario. Il punto di riferimento per gli investimenti ad impatto sono proprio i 17 Sustainable Development Goals (SDG) dell’Agenda ONU 2030. Alcuni esempi di Impact investing sono i green o social bond, il social housing e la microfinanza.
M. A. Melissari
24 febbraio 2021
Tendenze