L’Associazione Comuni Virtuosi ha divulgato i risultati riferiti all’Italia del Rapporto “What a Waste” curato dalla piattaforma europea no profit Reloop secondo il quale potremmo ridurre questo spreco del 75-80% adottando un sistema di deposito cauzionale.
aaa

aaa
Sette dei 41 miliardi di contenitori di bevande sprecati in Europa ogni anno hanno la cittadinanza italiana. Nel dettaglio: 119 contenitori di bevande sprecati a livello pro capite in Italia che sfuggono ogni anno al riciclo per finire dispersi nell’ambiente o smaltiti con il rifiuto indifferenziato: 98 bottiglie in PET, 12 bottiglie in vetro e 9 lattine. Si tratta di dati che confliggono con la narrazione dell’Italia campione dell’economia circolare che “recupera” ( ovvero raccoglie, ricicla e termovalorizza) almeno 8 imballaggi su 10. Si tratta dunque di una triste notizia per il nostro Paese che, oltre ad essere povero di materie prime, come meta turistica con i suoi settemila chilometri di coste, ha bisogno di affrontare urgentemente il problema della dispersione dei rifiuti plastici nei mari. Secondo l’ultimo rapporto dell’IUCN (International Union for Conservation of Nature) “The Mediterranean: Mare plasticum” i tre paesi maggiormente responsabili dello sversamento di rifiuti plastici nel mare sono l’Egitto l’Italia e la Turchia.

Per i Paesi come il nostro che devono ridurre la dipendenza dalle materie prime e raggiungere gli ambiziosi target di raccolta e riciclo europei, accanto a questi dati negativi il Rapporto “What a Waste” di Reloop (1) fornisce anche una soluzione a questo spreco di risorse che esiste già e porta con sé importanti opportunità ambientali ed economiche: dati alla mano, secondo il rapporto, un sistema di Deposito Cauzionale può abbattere i costi a carico degli enti locali e dei contribuenti, mettendo a carico dei produttori e distributori di bevande il compito e l’onere di gestire e finanziare un sistema di deposito. Esattamente quello che prevede l’art. 8-bis della Direttiva 851/2018 (1) stabilendo che dal 2024 i costi relativi all’avvio a riciclo degli imballaggi dovranno essere a capo dei produttori. Non per nulla in quasi tutti i paesi europei privi di un DRS si è preso la decisione di adottarlo oppure si è aperto un dibattito in tal senso. Solamente in due/tre paesi EU, tra cui l’Italia, si continua inspiegabilmente ad ignorare la questione.
Il rapporto attinge anche a 20 anni di dati relativi a 24 paesi dell’UE che mostrano come, mentre la quota di mercato europea dei ricaricabili – come birra, bibite e bottiglie d’acqua – è crollata dal 47% al 21% in soli vent’anni, nello stesso periodo i contenitori monouso sono aumentati di oltre il 200%. Tuttavia, secondo gli scenari elaborati dal rapporto, nove imballaggi su dieci sarebbero intercettati dai sistemi cauzionali per un effettivo riciclo o riuso.
La necessità di raggiungere per le bottiglie di plastica gli obiettivi di raccolta del 90% previsti dalla Direttiva SUP al 2029 (77% entro il 2025 ) e di contenuto riciclato (almeno il 30% al 2030), stanno infatti spingendo i governi europei ad introdurre i sistemi di deposito (Deposit Return System DRS). Le performance di successo dei Paesi, prevalentemente nel nord Europa, dove i sistemi di deposito sono in vigore da tempo sono caratterizzate infatti da tassi di raccolta media del 91% per gli imballaggi di bevande immessi sul mercato. I Paesi che hanno implementato un DRS in tempi più recenti come la Lituania, dimostrano inoltre che è possibile raggiungere questi risultati di intercettazione media in tempi brevissimi. Altri 12 Paesi hanno già stabilito l’introduzione del sistema entro i prossimi quattro anni in relazione agli obiettivi imposti dalla SUP.
Come emerge da simulazioni ottenibili dal cruscotto che accompagna lo studio, se l’Italia adottasse un DRS con le performance medie di riciclo dei sistemi di deposito attivi in Europa ridurrebbe del 75% lo spreco di imballaggi per bevande. I 7 miliardi di contenitori che sfuggono al riciclo si ridurrebbero a 1,7 miliardi con una quota media pro capite di 29 contenitori (figura nr. 2).
La riduzione più consistente si avrebbe per le bottiglie in PET che dai quasi 5 miliardi di unità non riciclate, scenderebbe a 974 milioni. Ovvero da quasi 100 bottiglie sprecate pro capite a sole 16.

Se in aggiunta ad un sistema di deposito incrementassimo la quota italiana di bevande vendute in contenitori ricaricabili con vuoto a rendere – dall’attuale 10,8% al 25% – la quantità di imballaggi per bevande che sfuggono al riciclo si ridurrebbe dell’80% scendendo al di sotto del 1 miliardo e mezzo di unità. I Paesi con sistemi di deposito cauzionali e con una quota di mercato di vuoto a rendere con bottiglie ricaricabili superiore al 25% sono quelli che hanno ottenuto i risultati migliori in termini di dispersione degli imballaggi: Lo spreco di di bottiglie e lattine è infatti sette volte più basso in questi Paesi rispetto a quelli che non hanno sistemi di deposito e di vuoto a rendere. Tra questi, la Germania si distingue come la migliore della categoria, con una quota di ricaricabile del 55% e uno spreco limitato a soli 10 contenitori per persona all’anno. All’altra estremità dello spettro in Europa, l’Ungheria, con solo una quota di mercato ricaricabile del 14,7% e il sistema di restituzione senza deposito, ha sprecato 186 contenitori a persona quell’anno. L’Austria è all’avanguardia in merito all’espansione della quota di mercato dei ricaricabili e investirà 110 milioni di euro in infrastrutture per il loro ritiro e rifornimento. Gli Stati Uniti sono in un campionato a parte, sprecando 422 container a persona.
L’incentivo economico abbinato alla restituzione del contenitore da parte del consumatore – che recupera così l’importo della cauzione inclusa nel costo della bevanda – permette insomma di intercettare oltre il 90% dei contenitori immessi al consumo. Insieme al rapporto i promotori dell’iniziativa mettono a disposizione dei decisori politici e media un dashboard , un “cruscotto”consultabile online, che permette di ricavare informazioni altrimenti difficilmente accessibili e di effettuare simulazioni sullo stato dell’arte della gestione dei contenitori di bevande nei diversi Paesi europei sulla base di dati aggiornati al 2019.
Secondo Clarissa Morawski, CEO di Reloop, i sistemi di deposito in cui il contenitore si recupera per essere riciclato o ricaricato riducono sostanzialmente le quantità di lattine e bottiglie che finiscono sprecate nell’ambiente, in discarica o negli inceneritori. I DRS riducono i costi di raccolta e pulizia ambientale degli enti locali, promuovono l’occupazione nell’economia circolare e riducono le emissioni di CO2. Dal punto di vista del consumatore, l’esperienza è la stessa. Se restituisci una bottiglia vuota, riavrai indietro l’importo del deposito pagato nel momento dell’acquisto della bevanda, indipendentemente dal fatto che il passaggio successivo sia il riempimento o il riciclaggio, senza sprechi e con un impatto ambientale nettamente inferiore. La conclusione di Silvia Ricci dell’Associazione Comuni Virtuosi è che ogni anno perso nel percorso di adozione di un sistema cauzionale significa caricare sull’ambiente miliardi e miliardi di contenitori che causano danni ambientali e costi evitabili alla fiscalità dei comuni sostenuta dai contribuenti. Implementare un sistema di deposito non significa dovere investire risorse finanziarie pubbliche perché sono i produttori e rivenditori di bevande a doversi fare carico del 100% dei costi di avviamento e gestione del sistema nell´ambito della loro responsabilitá estesa del produttore (2). Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, con l’obiettivo intermedio di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030, è necessario ridurre drasticamente il consumo di risorse. Per farlo serve un quadro legislativo coerente che introduca obiettivi di prevenzione e riuso obbligatori e incentivi modelli di business basati sul riuso e comunque altri modelli imprenditoriali che chiudano le catene del valore dei materiali e dei beni senza dispersioni e sprechi evitabili.
(1) Reloop è un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro che riunisce industria, governo e ONG in un’ampia rete che cerca di portare cambiamenti positivi a tutti i livelli della politica in materia di risorse e rifiuti. I dati del Rapporto si riferiscono a 24 Stati membri che rappresentano il 99,5% della popolazione dell’UE, esclusi Malta, Cipro e Lussemburgo.
(2) Ai sensi dell’ articolo 178-ter del TUA, che recepisce nell’ordinamento nazionale i requisiti minimi in materia di responsabilità estesa del produttore introdotti dall’art. 8-bis della Direttiva 851/2018, i costi relativi all’intercettazione e avvio a riciclo dei rifiuti di imballaggio dovranno essere interamente in capo ai produttori (in deroga almeno l’80%) e non a carico dello Stato o degli enti locali.
M. A. Melissari
19 maggio 2021
Lo stato dell’arte – I dossier