L’Italia a “tutto sharing” per una mobilità condivisa e sostenibile

Venti anni di sharing mobility. Triplicati dal 2015 i servizi di sharing e oggi 90.000 veicoli per 15 milioni di italiani: sei grandi città sono al top in Europa, sono 49 le città italiane con almeno un servizio di sharing mobility, ma il 50% dei capoluoghi italiani ne è ancora sprovvisto

La sharing mobility compie 20 anni: è partita nel 2001 con il primo car sharing station based a Milano. Nel 2021, dopo 20 anni e dopo aver attraversato lo scorso anno la sua prova più difficile (i lockdown, coprifuoco, chiusura locali, didattica e smart working), è in salute e si è ripresa pienamente dallo shock della pandemia. I numeri della mobilità condivisa sono, infatti, tutti in crescita: scooter, bike e monopattini in sharing hanno superato i valori del 2019 pre-pandemia, ed il car sharing li sta raggiungendo in queste settimane.
Ecco i dati del rapporto realizzato dall’Osservatorio Nazionale sulla Sharing Mobility, che declinano i numeri e le tendenze sulla mobilità condivisa in Italia, presentati a Roma nel corso della quinta Conferenza Nazionale sulla Sharing Mobility il 23 novembre scorso.

Le iscrizioni ai servizi di sharing mobility in Italia hanno raggiunto la quota di 5. 600.000 con 158 servizi di sharing attivi in 49 città (il triplo del 2015); circa 15 milioni di Italiani possono utilizzare almeno un servizio di sharing con quasi 90.000 i veicoli in condivisione (auto, scooter, bici e monopattini. Sono solo quattro le città italiane dove sono presenti tutti i quattro servizi di sharing (car, bike, scooter, monopattini): Milano, Roma, Torino e Firenze. Milano si conferma ancora una volta la città della mobilità condivisa. I dati sui noleggi giornalieri in Italia possono essere confrontati con lo Shared Mobility Index di Fluctuo che tiene sotto osservazione 16 città europee: il trend positivo registrato in 6 città italiane monitorate (Milano, Torino, Roma, Bologna, Cagliari e Palermo) è in linea e addirittura migliore di quello europeo.
Milano si conferma la città della sharing mobility e della multimodalità ed è prima in tutti e 3 gli indicatori (percorrenze, numero veicoli, numero noleggi) e dispone di tutte le tipologie di vehicle sharing. Cresce Roma e si classifica al secondo posto, soprattutto in termini di flotte. Al terzo posto Torino. Seguono altre città metropolitane (Bologna, Firenze, Bari, Genova). Nei primi 10 anche città medio piccole come (Pescara, Rimini, Verona). Da segnalare Brescia, con un bike sharing pubblico molto efficiente e un car sharing station based.
Tra le città piu grandi, Napoli rimane indietro, non ha un servizio di scooter sharing, e il car sharing è di piccole dimensioni. Le città che hanno almeno un servizio sharing mobility sono così suddivise: 26 al nord, 10 al centro e 13 al sud. Il sud è la parte di Italia che ha maggiormente scelto il monopattino come modalità unica di sharing mobility con ben sei città, Catania, Enna, Messina, Trapani, Cagliari e Sassari. Le uniche città del sud con almeno 2 servizi sono Napoli e Palermo.

Fonte: Osservatorio Nazionale Sharing Mobility

Muoversi con leggerezza
E’ interessante notare che nell’arco degli ultimi 5 anni il peso medio di un veicolo in sharing è passato da 400 kg a 120 kg. Il 91% dei veicoli in condivisione in Italia sono veicoli di micromobilità (monopattini, biciclette, scooter). Questa tendenza si spiega con la preferenza delle persone di noleggiare veicoli che non hanno problemi di parcheggio e permette di ridurre i tempi di percorrenza e azzerare o quasi gli impatti ambientali perché sono veicoli senza motore o con motore elettrico. D’altro canto le città italiane hanno bisogno di migliorare rapidamente la dotazione di infrastrutture adatte a questo tipo di veicoli, compresi parcheggi dedicati, per garantire spazi e sicurezza a tutte le modalità di trasporto.

La sfida che la sharing mobility deve ancora affrontare è la diffusione dei servizi in tutta Italia, non solo nelle grandi città, ma anche in quelle medio piccole: oggi più del 50% dei capoluoghi italiani non dispongono ancora di un servizio di sharing il sud è il più penalizzato.
Sarà necessario aumentarne la diffusione: più del 50% dei capoluoghi italiani non dispongono ancora di un servizio di sharing; superare il divario nord/centrosud; svilupparla anche nelle città medio-piccole. Per estendere la sharing anche dove l’imprenditoria privata non riesce a garantire i bisogni della collettività, è necessario, inoltre, sostenere i servizi di sharing mobility con modelli simili a quelli con cui si sostiene il trasporto pubblico, ma con volume di risorse di scala nettamente inferiore. L’Osservatorio della Sharing Mobility ha simulato quale sarebbe l’ordine delle risorse da impegnare annualmente per istituire un efficace servizio di bike sharing nei 76 capoluoghi che ancora non ne dispongono. Mettere su strada circa 35.000 biciclette in condivisione, servendo circa 7 milioni di italiani in più rispetto ad oggi, significherebbe aumentare la dotazione di risorse del Fondo Nazionale per il trasporto pubblico locale di solo lo 0,5% all’anno. Un elemento importante emerso nella Conferenza è quello del ruolo che potranno avere nei prossimi anni le stazioni ferroviarie come “catalizzatori” di mobilità condivisa, consentendo ai vari servizi di sharing di disporre di spazi dedicati e facilmente individuabili.

Il “Mobility as a service”, un nuovo paradigma della mobilità: il MaaS è una soluzione in grado di integrare diversi servizi di mobilità in un’unica App che consente, con un solo clic, di programmare i propri spostamenti, pagarli e ricevere informazioni durante il viaggio, anche se questi si fanno con modalità di trasporto differenti e sono gestiti da operatori diversi. L’obiettivo delle piattaforme MaaS è facilitare l’uso di tutti i servizi di mobilità condivisa, e in questo modo incentivarne l’utilizzo. L’Italia, nel quadro degli investimenti del PNRR, sta puntando a far decollare un proprio ecosistema “MaaS” attraverso un progetto pilota, gestito dal MIMS (Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile) e dal MITD (Ministero dell’Innovazione Tecnologica e della Transizione Digitale), del valore di 40 milioni di euro, che nel 2022 coinvolgerà 3 città metropolitane “leader” e 7 città/territori “follower”.

La mobilità integrata: l’interazione tra le modalità di trasporto
La stazione ferroviaria può essere come hub della mobilità sostenibile e integrata. Secondo i dati riportati da RFI, oggi sono 256 le stazioni coperte da almeno un servizio di sharing mobility. Ma le stazioni attive sono 2200, di cui 620 interessate da un piano di investimenti epocale, grazie alle risorse messe a disposizione dal MIMS anche attraverso il PNRR. Sara Venturoni, Direttore Stazioni RFI: “Un’occasione unica per riconnettere le stazioni con le città, riplasmandone gli assetti spaziali, con forme più rispondenti ad un vivere urbano più sostenibile. Più spazio ad una pedonalità continua e sicura, più ciclabilità, più TPL, più sharing con aree di sosta e attrezzature dedicate. Tuttavia, affinché questi investimenti vadano a buon fine è necessario aumentare la diffusione dei servizi di sharing in più città e definire nuovi modelli di gestione integrata”.

L’evoluzione dei modelli cittadini di mobilità secondo Luigi Onorato, Senior Partner di Monitor Deloitte:“Considerando che, per più di 3 cittadini su 4, circa l’80% dei viaggi avviene all’interno del contesto urbano non si può pensare di far evolvere la mobilità senza una contestuale evoluzione dei modelli cittadini. Secondo la nostra indagine, oggi il 95% dei cittadini vuole servizi di prossimità, mentre l’89% considera l’inquinamento quando si sposta: siamo, insomma, di fronte a una grande trasformazione della mobilità. Grazie alle risorse del Recovery Fund possiamo guidare questa mutazione per creare nuovi modelli, coerenti con l’evoluzione delle città e dei contesti sociali”.

Paolo Serra

28 novembre 2021

Mobilità sostenibile

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