La nuova frontiera della cucina mediterranea

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La dieta mediterranea, che poi sarebbe la dieta tradizionale italiana, è considerata il modello alimentare della salute per eccellenza grazie alla varietà e alle qualità nutritive degli alimenti. Dal 2010 «Bene immateriale dell’Umanità» Unesco, nel 2021 ha conquistato per il quarto anno di fila il titolo di Best Diet Overall elaborato dal media statunitense U.S. News & World Report, noto a livello globale per la redazione di classifiche e consigli destinati ai consumatori. Riduce il rischio di incorrere in malattie cardiovascolari, tumori, Alzheimer, Parkinson, sindrome metabolica è può svolgere anche un’azione preventiva nei confronti di malattie come il diabete e l’obesità.
L’ottima reputazione di cui gode il nostro cibo sul versante qualitativo non ha eguali in tutto il mondo – come testimoniato dagli innumerevoli casi di imitazione e dai valori dell’export di prodotti agroalimentari italiani cresciuto di oltre il 60%, arrivando a superare i 44,5 miliardi di euro.

E fin qui, niente di nuovo sul merito della nostra cucina, ma già da oggi e nel prossimo futuro si deve aggiungere una nuova concezione: alla dieta mediterranea, fatta di verdura e frutta fresca, cereali, pesce, olio extra vergine d’oliva, poca carne rossa, ci si dovrà sempre più riferire come “un esempio di perfetto bilanciamento tra ciò che è buono per l’uomo e ciò che è giusto per il pianeta”. È proprio in questa frase che si trova un’evoluzione non trascurabile, perché già ai giorni nostri sta portando con sé una nuova forma di consapevolezza ambientale. In altre parole la dieta mediterranea si sta allineando con i principi della sostenibilità a tutto tondo per diventare una Cucina Mediterranea Sostenibile, che controlla e riduce gli impatti ambientali delle produzioni e delle trasformazioni, non spreca perché è circolare, è attenta alla stagionalità, non sfrutta ma protegge e valorizza tutte le risorse e le professionalità del territorio, generando una nuova formula di qualità.

La sostenibilità è soprattutto ricerca di qualità, così la interpretano gli intervistati di ricerca di ASviS che, alla domanda su “quali caratteristiche dovrebbero avere le imprese sensibili allo sviluppo sostenibile” rispondono per il 73% “alta qualità dei beni e dei servizi”. Alla stessa percentuale si collocano anche queste due risposte: “Rispettano l’ambiente” e “Rispettano il territorio”.
In più, oggi un italiano su due cerca cibo 100% made in Italy, possibilmente locale e proveniente da piccole realtà produttive. E chiede che sia realizzato nel rispetto dell’ambiente e dei diritti sociali.

La sostenibilità rappresenta una sfida epocale per stati e mercato e il settore agroalimentare è il banco di prova più impegnativo in grado di affrontare da solo tutte le 17 sfide poste dagli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ Agenda ONU 2030, che richiedono una capacità di cambiamento e nuove modalità di produzione e lavorazione.

Insomma, si tratta di una nuova versione del vecchio detto “noi siamo quello che mangiamo”.

Buona Sostenibilità

Riccardo Bucci

30 novembre 2021

Alimentazione consapevole

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