Si trova a largo della costa di Tahiti, nella Polinesia francese

Sono scesi in profondità per mappare i fondali marini e si sono trovati davanti una barriera corallina mai scoperta prima completamente intatta. Gli scienziati dell’Unesco si sono trovati a nuotare in una distesa di rose giganti di coralli che si estendono per 3 chilometri tra i 30 e 70 metri di profondità in una zona, detta crepuscolare, dove arriva poca luce solare. Proprio per questo si sono conservati così bene perché non subiscono lo stress dovuto alla luce e, soprattutto, all’aumento della temperatura delle acque che, insieme ad altri fenomeni inquinanti, sta producendo lo sbiancamento progressivo fino all’80% e il deterioramento di altre barriere posizionate più in superficie come quella australiana. Gli scienziati tuttavia sostengono che, pur essendo così grande, questa barriera profonda non basta a compensare la vastità delle barriere che si trovano in superficie che hanno un’espansione di oltre 2.000 chilometri e non si fanno troppe illusioni sulla salute delle barriere coralline conosciute, che richiedono comunque un impegno urgente per fermarne il deterioramento.
A livello globale, le barriere coralline sono minacciate da diversi fattori: le attività antropiche come la pesca indiscriminata e l’inquinamento e gli effetti del cambiamento climatico che danneggia questi delicati organismi e i loro ecosistemi causando il tipico sbiancamento. Lo sbiancamento è una risposta allo stress da parte dei coralli dovuto alle acque più calde durante le quali perdono il loro colore, e molti lottano per sopravvivere. Secondo un rapporto del 2020 del Global Coral Reef Monitoring Project tra il 2009 e il 2018, il 14% dei coralli del mondo sono morti.

Questa scoperta, oltre alla meraviglia e alla bellezza della Natura e visto come il riscaldamento degli oceani stia pericolosamente aumentando (il 2022 si è aperto infatti con un nuovo allarme), suggerisce la possibile esistenza di molte altre grandi barriere coralline in zone tanto profonde, ancora sconosciute. “Esistono molti ecosistemi simili altrove di cui non siamo a conoscenza. Dovremmo mapparli e lavorare sodo per proteggerli” ha affermato Julian Barbiere che ha guidato la missione Unesco. Nuovi orizzonti dunque si aprono per studiare anche la vita e la biodiversità di queste barriere, che sarà certo diversa da quelle già conosciute. La scoperta potrebbe aiutare gli esperti a capire per quali più specifici fattori questa barriera sia stata resiliente al cambiamento climatico e alle pressioni umane, e quale ruolo questi coralli più profondi potrebbero giocare per proteggere l’ecosistema degli oceani. Altre immersioni sono previste nei prossimi mesi.
di Redazione
24 gennaio 2022
Lo stato dell’Arte