Con la collaborazione dei cittadini e l’uso di uno smartphone e di un’app di tracciamento si registrano gli spostamenti e il mezzo di trasporto utilizzato. Primo esperimento a Bologna, replicabile in altre città. Risultati sorprendenti.

In quanti usano il Tpl, la sharing mobility e quante auto possiedono? Come si spostano durante i giorni feriali? Come cambiano i loro spostamenti durante il weekend, la sera, quando si muovono per fare acquisti e per andare a trovare un amico?
Pollicino è una nuova metodologia d’indagine sulla mobilità urbana, realizzata per la prima volta in Italia a Bologna. Non a caso si chiama Pollicino, come il più piccolo dei sette fratellini della fiaba di Charles Perrault persi nel bosco che lui riesce a riportare a casa perchè aveva segnato il percorso con le briciole di pane.
I cittadini Bolognesi, stratificati per età e genere, che hanno partecipato volontariamente al progetto, formando una community che collabora con le Amministrazioni come campione rappresentativo della mobilità in città, hanno collaborato alla realizzazione di una banca dati inedita per analizzare i comportamenti e gli stili di mobilità delle persone, per conoscere gli impatti dei propri spostamenti e per consentire alle Amministrazioni di pianificare efficacemente una mobilità urbana più sostenibile.
L’app Pollicino attraverso un mezzo futuribile come lo smartphone, utilizza una delle più recenti tecniche d’indagine, la Future Mobility Survey, e fotografa tutti gli spostamenti in città grazie alla collaborazione dei cittadini che ne consentono la registrazione anonima sul proprio smartphone. Il progetto è nato dalla collaborazione fra la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, il Ministero dei Trasporti e il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, con l’obiettivo di poter disporre di dati di mobilità sempre più efficaci e sull’opportunità di replicare esperienza bolognese nel prossimo futuro anche in altre città italiane.
Pollicino, ha un carattere profondamente innovativo. La partecipazione al progetto richiede di mettere a disposizione i dati sui propri spostamenti e sul mezzo utilizzato, per 7 giorni e 24 ore su 24, che vengono registrati in forma anonima dall’app senza mai essere messi in relazione con i dati sensibili e identificativi del partecipante. Il tracciamento delle persone per almeno 7 giorni consente di cogliere tutti gli spostamenti fatti da un individuo con qualunque modalità, sia quelli brevi che lunghi, quelli svolti durante i giorni lavorativi o feriali, di giorno e di notte e per ogni tipo di motivazione (lavoro, studio, tempo libero etc.). Questo aspetto consente di cogliere come cambi la mobilità degli individui o, per esempio, quelli di una città, non solo in funzione del contesto territoriale ma anche nell’arco del tempo. Si tratta di un vero e proprio salto di qualità rispetto alle indagini questionarie che analizzino solo la mobilità per motivi di lavoro/studio o la mobilità di un giorno medio feriale, così come avviene di norma.
Il tracciamento
▪ Tracciamento passivo – Da quando ci si sveglia a quando si va a dormire, da quando si esce a quando si rientra a casa, ma per un periodo limitato di tempo. A Bologna questo periodo è stato di 7 giorni.
▪ Breadcrumb – I dati del posizionamento dello smartphone ad intervalli di tempo regolari consentono di descrivere gli spostamenti di una persona. Breadcrumb è un termine che letteralmente significa “briciole di pane” e che evoca la famosa favola di Pollicino.
I dati di Bologna: come è cambiata la mobilità negli ultimi 3 anni
Circa 1000 cittadini hanno partecipato all’indagine di Bologna facendo registrare tutti i loro spostamenti per 7 giorni. L’analisi dei dati dei Pollicini bolognesi ha fatto emergere che la mobilità in città, anche a seguito delle pratiche di smart working, è divenuta molto meno regolare e quindi molto meno prevedibile. In particolare:
- non è più scandita dal recarsi quotidianamente a studiare o lavorare
- e la maggioranza delle percorrenze non avviene nei giorni lavorativi, come in passato, ma nel week-end
- gli spostamenti cosiddetti non sistematici e per motivazioni diverse da lavoro e studio sono nettamente predominanti.
L’effetto pandemia ha consolidato, infatti, lo smart working e l’apprendimento a distanza, tanto che ormai la percentuale delle persone che si spostano 5 giorni a settimana per lavoro è meno di un quarto del totale (23%) e, se sommata a quella che si sposta solo quattro giorni a settimana, non superala metà del campione, indice di una quotidianità che non è più scandita da questa tipologia di spostamenti.
Questa nuova struttura della mobilità tende a premiare la flessibilità dell’auto privata (e questo non va a vantaggio dell’ambiente), penalizza l’uso del trasporto pubblico ma fa anche intravvedere la potenzialità dei servizi di sharing mobility e la possibile espansione della mobilità attiva, soprattutto quella in bicicletta.
Il modal share poi cambia radicalmente in funzione della motivazione dello spostamento: quando si tratta di andare al lavoro l’auto si attesta intorno al 24,9% e l’autobus al 20%, ma se si tratta di fare acquisti l’auto raggiunge il 40,9% e il mezzo pubblico scende al 7,1%.
Un’indagine approfondita ha riguardato l’utente abituale di sharing mobility rispetto al “tipo” non utente. Questa analisi ha permesso di verificare che chi sceglie regolarmente di spostarsi in bikesharing e carsharing, tende ad utilizzare meno l’auto anche per gli altri spostamenti, e preferisce il mezzo pubblico e muoversi di più a piedi, rispetto a chi non usa regolarmente queste soluzioni di mobilità.
Paolo Serra
28 marzo 2023
Mobilità sostenibile