Chi sono e cosa fanno gli impollinatori? Quanto è importante il loro contributo al nostro benessere, alla biodiversità, alla produzione agroalimentare? Se ne è parlato ieri all’Orto Botanico di Roma nel corso della conferenza stampa di lancio del Progetto LIFE BEEadapt

Il cambiamento climatico ha molteplici conseguenze sull’ambiente naturale e antropizzato, tra cui lo squilibrio tra i tempi di fioritura delle piante e l’azione svolta da parte degli impollinatori, con evidenti impatti sulla biodiversità, gli ecosistemi e l’agricoltura.
Uno studio, condotto su 2027 specie di insetti europei, ha messo in luce come la maggior parte degli impollinatori abbia anticipato il proprio periodo di attività di quasi una settimana in risposta ai cambiamenti climatici, con la data media del volo anticipata di 6 giorni negli ultimi 60 anni e la durata del loro volo diminuita di 2 giorni. (Duchenne et al., 2020)
Quando al cambiamento climatico si sommano l’incremento di pratiche agricole intensive e non sostenibili, il degrado e la scomparsa di habitat naturali e semi-naturali e la forte diffusione di monocolture, i primi a subirne l’impatto sono gli impollinatori che rappresentano una componente chiave della biodiversità globale. La loro attività è alla base di molti processi ecologici e del funzionamento degli ecosistemi: dagli impollinatori dipende la riproduzione di oltre l’85% delle piante selvatiche e più del 70% delle colture agrarie, ma non solo, il valore economico del servizio di impollinazione animale è stimato in circa 153 miliardi di dollari a livello mondiale, dei quali circa 26 miliardi nella sola Europa e circa 3 miliardi in Italia. (ISPRA, 2021).
Non sono solo le api note per la produzione di miele ad esser impollinatrici, ma tutti quegli animali che visitano i fiori alla ricerca di nettare e polline, contribuendo così alla riproduzione delle piante. Tra gli insetti impollinatori si distinguono principalmente quattro gruppi: gli Imenotteri (le api selvatiche, i bombi, le vespe, le api domestiche); i Lepidotteri (farfalle e falene); i Ditteri (soprattutto Sirfidi) e infine i Coleotteri.
Secondo la European Red Lists of Bees, delle circa 2000 specie di api europee, quasi il 10% è in declino (l’8% è da considerarsi in declino a livello di popolazione e un altro 9% è a rischio di estinzione). Da questa situazione non si discosta il nostro Paese. In Italia, secondo le Liste Rosse IUCN (International Union for Conservation of Nature) delle 151 specie di api native valutate (su un totale di oltre 1100 apoidei censiti in Italia), 34 (pari al 22%) sono quelle in pericolo. Nello specifico: 5 sono potenzialmente estinte, altre 2 specie sono in pericolo critico, 10 specie sono in pericolo, 4 specie sono vulnerabili e altre 13 sono prossime a uno stato di minaccia. Anche i dati sulle farfalle non sono per nulla rassicuranti, delle 289 specie di farfalle diurne, 18 (pari al 6.3%) sono a rischio di estinzione.
È nell’ambito di questo scenario che si inserisce il progetto europeo “LIFE BEEadapt – a pact for pollinator adaptation to climate change”, proprio per tutelare gli impollinatori e mitigare i rischi associati al progressivo degrado degli ecosistemi e alla crisi climatica.
Alla base del progetto si pone la definizione un articolato insieme di misure efficaci e di azioni di natura ambientale e di governance finalizzate alla creazione e la condivisione di un modello volto a migliorare la resilienza degli impollinatori ai cambiamenti climatici.
Gli obiettivi specifici sono i seguenti:
1 – Miglioramento e riqualificazione della funzionalità e della connettività ecologica nelle aree target, tramite la realizzazione di infrastrutture verdi, aree buffer e corridoi ecologici; realizzazione di un abaco di pratiche per le infrastrutture verdi e identificazione di possibili soluzioni agli ostacoli che ne possono rallentare la realizzazione.
2 – Definizione di un modello di governance multilivello per rafforzare, nell’ambito dell’adattamento climatico per gli impollinatori, le capacità dei soggetti pubblici e privati responsabili della pianificazione e della gestione del territorio.
3 -Promozione del modello di intervento BEEadapt, e della sua sostenibilità nel tempo e replicabilità, tramite l’attivazione di un “Consultation Board” e di una serie di “Patti territoriali” che coinvolgono gli attori chiave.
4 -Sviluppo e trasferimento di un protocollo per l’adattamento degli insetti impollinatori, riguardante la progettazione, creazione e gestione delle infrastrutture verdi, e la definizione e realizzazione di pratiche agronomiche e di gestione territoriale coerenti con la PAC e in grado al tempo stesso di supportare la sopravvivenza degli impollinatori.
Il progetto cofinanziato dalla UE e iniziato a settembre 2022 durerà quattro anni. Le aree oggetto delle azioni pilota sono: Toscana e Emilia-Romagna: Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano; Marche: Riserva Naturale Montagna di Torricchio; Lazio: RomaNatura – Aree Naturali Protette nel Comune di Roma, Agro Pontino e Comune di Aprilia.
Oltre all’esperienza nelle aree oggetto di studio che spaziano da zone suburbane a parchi naturali, il progetto intende attivare altri due importanti strumenti di azione: un tavolo e 5 patti per l’adattamento degli impollinatori ai cambiamenti climatici. Si tratta di due strumenti in grado di “rendere più efficace e di lungo periodo le attività del progetto: il tavolo ha un ruolo informativo, consultivo e di indirizzo. Svolge un’azione di governance in cui condividere lo stato dell’arte, creare sinergie e definire strumenti operativi. I patti invece saranno la sintesi delle azioni efficaci messe in campo e testate dal progetto.
di Redazione
17 maggio 2023
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