Nuovi strumenti per ridurre l’impronta ambientale delle filiere agroalimentari

di Marina Melissari

Oltre 200 imprese di sei Paesi europei (Grecia, Francia, Portogallo, Slovenia, Spagna e Italia) coinvolte in iniziative per ridurre l’impronta ambientale di sei prodotti di largo consumo: olio d’oliva, vino, acqua in bottiglia, mangimi, salumi e formaggio. Tecnologie innovative e oltre 60 buone pratiche per il settore. È il progetto PEFMED e rappresenta la prima verifica in Europa degli standard ambientali europei per la misura dell’impronta ambientale dei prodotti (PEF – Product Environmental Footprint) all’interno di determinati ambiti territoriali.
In altre parole, è stata testata una metodologia comune di applicazione del metodo europeo PEF per individuare le maggiori criticità ambientali, ma anche per promuovere la produzione di prodotti a basso impatto ambientale nel mercato europeo e la competitività delle aziende.

L’obiettivo è di fornire un insieme di driver tecnologici, organizzativi e di market intelligence per guidare un cambiamento di mentalità nel modello tradizionale delle produzioni agro-alimentari verso le misure conformi al metodo PEF. Un team di ricercatori, imprenditori ed esperti dei sei Paesi coinvolti ha associato al metodo messo a punto dalla UE un set di indicatori socio-economici relativi a diritti umani, condizioni di lavoro, salute e sicurezza, patrimonio culturale, governance e impatti socio-economici sul territorio, con l’obiettivo di definire per ogni azienda un business plan sostenibile. Il “metodo PEFMED” tiene conto degli impatti ambientali di un prodotto lungo tutto il suo ciclo di vita, dalla coltivazione delle materie prime, alla trasformazione, al trasporto e all’uso, allo smaltimento e al riciclaggio.

Gli indicatori PEF sono stati combinati con una serie di indicatori socioeconomici riferiti agli specifici contesti territoriali, per migliorare il paradigma della qualità e della sostenibilità della denominazione regionale (good & green). Dopo le prime sperimentazioni condotte con le aziende di produzione partner, Caterina Rinaldi, ricercatrice ENEA e coordinatrice del progetto per l’Italia, ha commentato: “Il metodo e gli strumenti utilizzati nel progetto hanno dimostrato di essere efficaci per aziende e filiere e potrebbero servire a rispondere adeguatamente ai bisogni dei consumatori, soprattutto se associati ad uno schema di certificazione, come ad esempio il marchio nazionaleMade Green in Italy’ del Ministero dell’Ambiente”. Tuttavia, secondo il Presidente di Federalimentari, permangono aree da sviluppare ulteriormente, per consentire un uso credibile e di successo della PEF. Solo per citarne alcune: è necessario sviluppare ulteriormente le regole di categoria di prodotto (le PEFCR), aumentare la rappresentatività delle banche dati e rendere la PEF, la cui applicazione è adeguata alle grandi aziende, fattibile anche per le piccole e medie imprese (PMI).

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