- di Riccardo Milozzi, Presidente CIA Roma

Dal modo in cui sceglieremo di fare #agricoltura in Italia, in Europa e nel mondo potrà venire un grande contributo alla lotta ai #CambiamentiClimatici.
Il riscaldamento globale e i conseguenti cambiamenti climatici non sono più un problema che riguarderà le future generazioni. E’ questione di oggi: fino alla metà di maggio sono stati ben 175 gli eventi meteo estremi che hanno flagellato il nostro Paese e il settore economico che più risente di tali cambiamenti è senz’altro l’agricoltura. L’innalzamento delle temperature, sommato agli squilibri metereologici, con l’aumento degli eventi estremi e degli episodi siccitosi sta avendo conseguenze dirette sull’agricoltura, riducendo le produzioni e cambiando la geografia delle colture e delle tecniche agricole, con rischi per la sicurezza alimentare e la disponibilità di acqua. Eppure, nonostante rappresenti uno dei settori più colpiti con oltre 10 miliardi di euro di danni, già causati dal cambiamento climatico nell’ultimo decennio, proprio la buona agricoltura è quella che mitiga l’effetto serra e riduce le sue emissioni (-25%), produce energie rinnovabili (+690%), limita il consumo di acqua e di pesticidi (-27%), aumenta le superfici biologiche (+56%) e ha un ruolo fondamentale nell’assorbimento di anidride carbonica, giungendo a “sequestrare” circa 0,5 tonnellate di carbonio per ettaro l’anno.
Secondo uno studio condotto da un team di ricercatori delle università del Minnesota, di Oxford e di Copenaghen, “Climate change has likely already affected global food production“, pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE, l’Europa è tra le zone in cui l’impatto dei cambiamenti climatici avrà un effetto sempre più disastroso. «I rendimenti per tutte le colture dominanti (non tropicali) nell’Europa occidentale e meridionale sono diminuiti del 6,3 al 21,2% a causa dei cambiamenti climatici», dichiarano i ricercatori. Continuare su questa strada, come se nulla stesse accadendo, non è un’opzione da prendere in considerazione: occorre, dunque, che l’Europa si prepari al vertice sull’azione per il clima convocato dalle Nazioni Unite per il 23 settembre prossimo, ripristinando un impegno condiviso, forte e concreto.
Prendiamo atto che entro il 2050, con l’incremento della popolazione mondiale, la produzione agricola dovrà aumentare del 50% rispetto ai valori del 2012 e che, nel contempo, fenomeni come le ondate di calore, la riduzione delle precipitazioni, la salinizzazione e la desertificazione stanno già distruggendo il patrimonio di suoli agrari dell’umanità. Per questo dobbiamo trovare soluzioni compatibili che già esistono: bisogna metterle in pratica favorendone l’accesso a tutti gli agricoltori. Considerando la crisi climatica, la riduzione delle risorse naturali, fra cui quelle idriche, e quindi la possibilità limitata di espansione dell’impiego agricolo di terreni, un aumento della produzione agricola che soddisfi la crescita della domanda alimentare dovrà passare obbligatoriamente per un miglioramento della produttività che tenga conto del rispetto e della salvaguardia dell’ambiente. Sono molti i modelli di agricoltura già applicati che hanno uno sguardo sul futuro: dall’agricoltura biologica che ammette solo l’impiego di sostanze naturali escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica, all’agricoltura biodinamica, alla permacultura. In una parola: Agro-ecologia.
Lo studio “An agroecological Europe in 2050: multifunctional agriculture for healthy eating” prende in considerazione proprio queste soluzioni e dimostra come, in soli 10 anni, sarebbe possibile trasformare l’agricoltura europea, puntando sull’agro-ecologia per sfamare l’intera popolazione entro il 2050.
Vivere Sostenibile Lazio – n.6 Luglio – Agosto 2019