Impennata nella raccolta di imballaggi durante il lockdown per Covid

Continua a crescere in Italia il riciclo degli imballaggi. Anzi durante il lockdown, grazie ad un uso maggiore di take away e acquisti online, la raccolta è addirittura aumentata, in particolare quella di acciaio e carta.
Non è una novità che l’Italia ricicla bene gli imballaggi e da tempo, fino ad essere considerata un caso di eccellenza nel panorama europeo. A giudicare dai dati finora disponibili gli Italiani hanno continuato anche durante la pandemia a differenziare quelli che rappresentano una fetta consistente dei rifiuti urbani, attestandosi tra il 25 e il 28 per cento del totale negli ultimi cinque anni.
Secondo i dati diffusi dal Conai, il Consorzio nazionale degli imballaggi, che parla di una vera e propria impennata della raccolta differenziata nel primo quadrimestre 2020, il materiale che ha visto il maggiore incremento è stato l’acciaio, con il 17,9% di conferimenti in più rispetto ai primi quattro mesi dello scorso anno. A seguire carta (+10,7%), legno (+8,6%), plastica (+5,9%), vetro (+4,9%). Solo l’alluminio registra una crescita minimale (+0,4%).
Manca solo la plastica, che però resta indietro di pochi punti percentuali, serenamente recuperabili nel corso dei prossimi cinque anni secondo il Consorzio. In effetti nel 2019 l’Italia ha riciclato il 45 per cento degli imballaggi in plastica: deve arrivare al cinquanta entro il 2025. Un recente studio del consozio Corepla, condotto in collaborazione con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, evidenzia un incremento dell’8% dei rifiuti di imballaggio in plastica gestiti tra marzo e aprile, in rapporto allo stesso periodo del 2019; un aumento in controtendenza rispetto all’aumento del riciclo degli altri imballaggi, alla riduzione dei consumi (-4%) e della produzione dei rifiuti urbani (-10/14%) nel medesimo lasso di tempo. Secondo Antonio Protopapa, Direttore ricerca e sviluppo di Corepla, si possono ipotizzare due spiegazioni: «La prima è che la pandemia abbia spinto i consumatori verso generi alimentari imballati, acquisiti online e cibo da asporto, aumentando le quantità di imballaggi di plastica. La seconda è che, stando a casa, gli italiani abbiano differenziato meglio e con più facilità rispetto a quando riescano a fare fuori». In ogni caso si può prevedere che al calo della pandemia e con il ritorno a condizioni di vita più consuete, anche l’aumento del consumo di plastica da parte dei cittadini non durerà.

In conclusione è ancora presto per trarre conclusioni certe sulle motivazioni di tutti questi numeri. Si può ragionevolmente ipotizzare che in generale nel periodo si sia sviluppata una maggior consapevolezza che l’emergenza sanitaria sia nata da un’errata gestione dell’ambiente e della biodiversità, facendo capire quanto gli aspetti legati a questi temi possano incidere direttamente sulla salute dell’uomo. In questo senso la questione degli imballaggi avrebbe assunto un peso molto rilevante, essendo percepiti dai consumatori come la parte del processo più dannosa per l’ambiente. I risultati hanno portato il sistema a raggiungere in anticipo gli obiettivi richiesti dall’Europa entro il 2025, dimostrando come si stia facendo strada in Italia una cultura sempre più improntata sull’economia circolare. Da qui anche l’impegno delle aziende per limitare l’impatto sulla natura del packaging, riducendone il peso e impiegando materiale riciclato per la sua realizzazione.

M.A. Melissari

31 luglio 2020

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