Le strategie del biologico stanno cambiando e non si orientano più solo a riconvertire in chiave eco-sostenibile le singole aziende, ma piuttosto gli interi territori con vocazione biologica. Da qui partono i Biodistretti, realtà importanti per lo sviluppo territoriale sostenibile. Il Presidente Massimiliano Mattiuzzo ha risposto alle nostre domande sul Biodistretto Etrusco Romano, un territorio unico e meraviglioso alle porte di Roma.

Presidente Mattiuzzo, attraverso i Bio-distretti in primo luogo si mira a stabilire rapporti più equi nella filiera territoriale, creando nuove relazioni dirette tra produttori e consumatori e adottando modelli distributivi alternativi. Quali sono le caratteristiche del Biodistretto Etrusco Romano che Lei presiede?
La prima caratteristica vincente del Biodistretto risiede nei suoi soci che giornalmente praticano l’agricoltura biologica, valorizzando la biodiversità e il territorio, anche attraverso l’accoglienza legata al turismo rurale.
Il Biodistretto Etrusco Romano è stato riconosciuto dalla Regione Lazio con Delibera di Giunta il primo ottobre del 2019, comprende i Comuni di Cerveteri e Fiumicino e circa novemila ettari di Riserva Naturale Statale del Litorale Romano ricadenti nel Comune di Roma. In esso operano circa cinquanta aziende biologiche, dieci sono quelle attualmente associate (ma altre hanno fatto richiesta d’adesione recentemente) e coltivano oltre mille ettari sui circa quattromilasettecento totali dell’area del Biodistretto.
Nelle aziende socie la produzione è molto diversificata: zootecnia, orticoltura, vitivinicoltura ed è anche presente un birrificio agricolo. La metà delle aziende ha un punto vendita diretto, alcune trasformano direttamente i propri prodotti, quattro gestiscono agriturismi e due hanno l’autosufficienza energetica grazie a impianti di energia rinnovabile. La maggioranza di esse effettua consegne presso le abitazioni dei clienti singoli o aggregati nei Gruppi di Acquisto Solidale.

Con quali obiettivi e finalità si propone di operare?
Nel piano triennale elaborato recentemente dal Biodistretto e approvato dalla Commissione regionale dell’Agricoltura sono evidenziate le linee strategiche e gli obiettivi sui quali intendiamo investire le nostre energie ed effettuare interventi finanziari grazie anche alla partecipazione a bandi sia nazionali che regionali, riguardanti non solo l’agricoltura. La platea dei soci, tenuto conto delle domande di adesione, si sta ampliando arricchendosi anche di attività connesse alla produzione dei beni primari.
L’obiettivo a media distanza è di realizzare un sistema che, grazie anche a percorsi ciclopedonali, integri e colleghi i borghi e le fattorie associate su circa mille ettari contigui, per promuovere la degustare dei prodotti tipici e il soggiorno in un’area rurale fra le più belle nei dintorni della Capitale. Nel più lungo periodo, immaginiamo un territorio in cui la comunità possa vivere in un modo più sostenibile e che, grazie all’integrazione con il settore turistico, crei un virtuoso connubio fra agricoltura, cibo buono e sano, svago e riposo.
Agli Enti locali, alle aziende, alle associazioni e ai singoli cittadini è richiesto uno sforzo significativo per costruire una forte e solidale rete al fine di realizzare questo importante progetto strategico per l’economia locale.
La sfida è alta e se vogliamo essere al passo con la transizione economica, sociale e ambientale dobbiamo lavorare per costruire una forte integrazione fra territorio e funzioni tipiche presenti nel Biodistretto. Il progetto poggia su alcuni pilastri che consentano di sviluppare le capacità produttive e la commercializzazione del biologico grazie a un’agricoltura tecnologicamente avanzata e ad azioni che contrastino il cambiamento climatico, come ad esempio il rimboschimento di terreni marginali non coltivati da decenni.

Secondo Lei, il trasferimento dei valori dell’agricoltura biologica alle altre attività presenti sul territorio è possibile, è già una realtà o i tempi sono prematuri?
I valori sono certamente trasferibili, fino agli anni Settanta del secolo scorso l’attività prevalente in queste aree è stata l’agricoltura, gran parte della cittadinanza proviene da famiglie legate alle attività agricole. Credo sia troppo presto sostenere tesi sul trasferimento dei valori dell’agricoltura biologica, tuttavia nelle generazioni più giovani si registra una maggiore sensibilità sui temi ambientali e l’importanza di un’agricoltura sostenibile e, dopo decenni di uso massiccio della chimica, questo è senz’altro un aspetto fondamentale su cui far leva per ampliare e mettere a sistema le esperienze biologiche esistenti.
Il Bio-distretto si pone come un modello partecipativo dal basso, attento alle vocazioni dei territori. Il raggiungimento degli obiettivi si può ottenere attraverso la diffusione di questo modello allargando anche la rete di operatori partecipanti e con quali modalità?
Il modello alberga in ogni socio come desiderio e impegno di costruire dal basso la partecipazione alla rimodulazione del rapporto con il territorio. La stessa legge regionale istitutiva dei Biodistretti è in sintonia con questo vecchio ma sempre attuale concetto.
Il Biodistretto Etrusco Romano già pratica la partecipazione dal basso e compie ogni sforzo per coinvolgere le associazioni e altre realtà produttive. Sin dai suoi primi passi il Biodistretto si è fatto carico della problematica relative alla partecipazione e all’allargamento della stessa base associativa attraverso la promozione, insieme ad altri soggetti, del Contratto di Fiume denominato “Contratto di Fiumi, Costa e Paesaggio Etrusco-Romano”, un’esperienza che vedeva come elemento portante un processo di gestione partecipata dei sistemi idrici. Inoltre, con altre associazioni, ci siamo opposti a interventi infrastrutturali che, sebbene non avessero molto a che fare con l’agricoltura in senso stretto, oltre a deturpare il paesaggio avrebbero avuto un forte e negativo impatto sul territorio e la sua integrità.
I Bio-distretti possono essere un volano di sviluppo economico diretto e indiretto dei territori che ne sono interessati, in chiave “sostenibile”. Secondo lei, come si possono sviluppare rapporti di interconnessione tra le attività di stretta competenza del Biodistretto ed altri settori di attività (commerciali e di servizi) che operano positivamente sul territorio del litorale nord romano?
Personalmente sono profondamente convinto che i Biodistretti possano dare una spinta significativa per sviluppare sinergie e collaborazione fra i diversi comparti economici, obiettivo questo che per la sua realizzazione richiede però del tempo.
Non è facile passare dall’Io al Noi, vedere nell’aggregazione e nella collaborazione la via maestra per dare un nuovo impulso al territorio e alle funzioni economiche presenti.
Le consuetudini sulle quali fino a ora ci siamo adagiati non sono più sicure né solide, lo stesso aspetto climatico lo attesta, dobbiamo traguardare il futuro con uno sguardo diverso, traendo però dalla storia gli aspetti virtuosi. Già da ora sono in atto iniziative unitarie per valorizzare l’ambiente e i prodotti del territorio, iniziative che saranno, Covid permettendo, ulteriormente perseguite e ampliate nel corso del prossimo anno.
Per consolidare questo passaggio nel 2022, stiamo lavorando sull’organizzazione di attività, convegni e quant’altro sia in grado di avviare un dialogo costruttivo fra imprenditori e cittadini singoli o associati.
di M. A. Melissari
21 dicembre 2021
Scelte sostenibili – Tendenze