
La violetta (Viola odorata), così drammaticamente appesa al suo peduncolo é il fiore della fine dell’inverno. La radice del suo nome é – “Io” – lo stesso che per la parola Ionio.
Il mito
Io era una ninfa stupenda; anche il libertino Zeus eccitato da tanta bellezza la volle ed ella si concesse. Celati da una magica nebbia si amarono robustamente ma Era, la gelosissima moglie del Dio, osservando questa sospetta nebbia intui` e si precipitò, furiosa a disperdere la coltre, ma Zeus fu lesto a mutare la concupita in una giovenca e così Era vide solo suo marito che fischiettava accanto ad una giovane mucca. La dea Era (Giunone per i Romani), era stufa delle continue incursioni extraconiugali del marito e quindi si prese la giovenca per sè e Zeus non poté che acconsentire; poi per evitare sorprese future diede la giovane in sorveglianza ad Argo dai 100 occhi. A Zeus dispiaceva questa doppia prigionia, in forma animale e sorvegliata e siccome ad Io il cibo delle mucche non piaceva e rischiava di morire, Zeus creò le viole perché la giovane potesse brucarne i fiori.
Zeus era solito sollazzarsi e dimenticarsi presto dell’accaduto, ma questa volta non poteva starsene con le mani in mano e quindi spedì Ermes a liberare la fanciulla. Questi, travestito, blandì Argo con la musica di un flauto e una storia finché il guardiano non dormì e poi lo uccise. Ma Era se ne accorse, recuperò gli occhi di Argo e li trapunto’ alla coda del pavone e spedì un tafano a trafiggere la povera Io ancora mutata in bovino che si diede alla fuga per tutto il mondo fino a giungere in Egitto. Qui Zeus, placata finalmente l’ira di Era, poté restituirle le sue fattezze e lei rinacque ed in quella terra regnò con il nome di Iside.
La viola mammola é un fiorellino delicato ma la sua presenza è continua nella cultura. La pianta è conosciuta e usata da molto tempo e già anticamente i greci ne apprezzavano le proprietà espettoranti dei fiori, quelle lassative delle foglie e successivamente gli arabi scoprirono e tramandarono quelle emetiche della radice. Nel medioevo era molto usata nelle pozioni magiche e nei filtri d’amore rappresentando purezza e delicatezza e ci se ne cingeva il capo dopo le libagioni per contrastarne i postumi.
Napoleone era ossessionato dalle viole, certamente il suo fiore preferito, le citava spesso nelle lettere che scriveva alla sua amata amante Maria (Maria Walewska), tanto che al momento dell’esilio i sui sostenitori adottarono questo fiore come simbolo in contrapposizione ai gigli Borbonici.
In profumeria si usa molto l’essenza di viola per le note particolarmente delicate e i fiori sono usati in pasticceria per farne canditi. In val di Vara si produce un elisir in sciroppo segretissimo ad uso cordiale.
Tutte le parti della pianta sono commestibili anche se la radice é emetica e si può consumare le foglie ed i fiori in insalate e frittate o torte d’erbe. Le foglie, dal sapore dolciastro, sono buone addensanti nelle minestre ed i fiori colorati conferiscono vivacità ai piatti.
Naturalmente non si devono mangiare le piante coltivate e commercializzate per ornamento perché il loro uso alimentare non è stato previsto dai vivai di produzione e come le per tutte le altre ornamentali è possibile si siano utilizzati prodotti non adatti al consumo umano.
Massimo Luciani – Etnobotanica
11 aprile 2022
Storie di alberi e piante