Lo studio, appena presentato agli Electric Days di Roma, certifica quanto inquina un’auto elettrica dalla sua fabbricazione alla rottamazione per diverse tipologie di veicoli, di utilizzo e di ricarica: dalle elettriche emissioni fino a 29 volte più basse rispetto a quelle a benzina e diesel. Perciò costituisce un vero e proprio strumento di analisi per casi tipici di utilizzo, nel quale il potenziale acquirente di un’auto elettrica può individuare l’impronta ecologica che il suo profilo specifico di utilizzo andrà a produrre.

Quanto inquina realmente un’auto elettrica? Quanta CO2 emette nel suo completo ciclo di vita, dalla produzione in fabbrica al riciclo a fine vita? Esistono veicoli realmente a emissioni zero? Quali sono i fattori responsabili di maggiori emissioni da parte di queste vetture? Che differenze, in termini di emissioni complessive, ci sono tra vetture endotermiche (motori a scoppio, benzina e diesel) ed elettriche?
A queste e ad altre domande sulle reali emissioni di CO2 (la cosiddetta “carbon footprint”) dei veicoli elettrici ha fornito una concreta risposta lo studio “Le variabili emissive dell’auto elettrica: ricarica, utilizzo e stili di guida”, realizzato dalla Fondazione Caracciolo (Centro Studi dell’ACI) e dal CARe – Center for Automotive Research and Evolution dell’Università degli Studi Guglielmo Marconi e presentato di recente a Roma nel corso degli Electric Days al MAXXI.
Parametri di base dell’analisi
La ricerca analizza l’impatto ambientale dell’auto elettrica valutando il suo intero ciclo di vita (il Life Cycle Assestment),“dalla culla alla tomba”, prendendo in considerazione cicli reali di guida sul territorio nazionale di specifiche tipologie di utenza.
1 – l’utente è una/un manager aziendale, ha un’abitazione/struttura di riferimento con impianto fotovoltaico integrato, una wall box di ricarica ed un veicolo elettrico di rappresentanza con il quale percorre prevalentemente tratti autostradali.

Fonte: “Le variabili emissive dell’auto elettrica: ricarica, utilizzo e stili di guida”
Fondazione Caracciolo, CARe, Università degli Studi Guglielmo Marconi
2 – L’utente, costituito da un nucleo familiare con figli, deve utilizzare colonnine di ricarica presenti su suolo pubblico per il proprio veicolo elettrico ad uso privato, con il quale si percorrono prevalentemente tratti urbani.

Fonte: “Le variabili emissive dell’auto elettrica: ricarica, utilizzo e stili di guida”
Fondazione Caracciolo, CARe, Università degli Studi Guglielmo Marconi
Sulla base della classe dimensionale dell’auto e del tipo di utilizzo si definisce un ciclo di marcia considerando la percorrenza media su tratte urbane, extraurbane e in autostrada. Per ciascun cluster così definito si considerano diverse modalità di ricarica: da wall-box e da colonnina ad uso pubblico standard e privato. Si considera anche la soluzione con autoproduzione di energia elettrica da fotovoltaico. Si ottengono in questo modo una serie di scenari di utilizzo per ciascun veicolo analizzato Inoltre, nell’analisi di ogni scenario si considerano le infrastrutture coinvolte: il sistema di ricarica (wall-box o colonnina ad uso pubblico), il prelievo dell’energia elettrica (autoprodotta da FV o prelievo dalla rete pubblica) e, nel caso di prelievo dalla rete pubblica, il tipo di contratto, considerando eventuali contratti 100% rinnovabili per la fornitura dell’energia elettrica prelevata dalla rete.
Quali sono i fattori che incidono maggiormente sulle emissioni di CO2 di un veicolo elettrico?
Lo studio, realizzato dalla Fondazione Caracciolo (Centro Studi dell’ACI) e dal CARe – Center for Automotive Research and Evolution dell’Università degli Studi Guglielmo Marconi, evidenzia come tra i fattori di maggiore produzione di CO2 figurino l’estrazione dei materiali per la costruzione delle batterie e il mix energetico utilizzato per costruzione e assemblaggio del veicolo. Ad esempio, la Carbon Footprint (l’impronta di emissioni di carbonio in atmosfera) di un veicolo costruito e assemblato in Cina (con attuale mix in prevalenza di fonti fossili) supera di oltre il 35% quella dello stesso veicolo costruito e assemblato in Europa (mix EU), a parità di tutti gli altri parametri di utilizzo. Infatti, se le modalità di ricarica (domestica o pubblica, a bassa o alta potenza) incidono limitatamente sulla Carbon Footprint globale in quanto i rendimenti medi dei diversi sistemi di ricarica sono molto simili tra loro, le modalità di produzione e distribuzione dell’energia elettrica (da fonti rinnovabili o da fonti fossili) per la ricarica del veicolo incidono, invece, fortemente sull’impronta carbonica. A parità di tutti gli altri parametri di costruzione, assemblaggio e utilizzo del veicolo, prelevando l’energia elettrica dalla rete si può avere una Carbon Footprint di circa 9 volte maggiore rispetto al prelievo da un impianto di produzione da fotovoltaico (100% fonte rinnovabile). Anche le caratteristiche del veicolo (massa e capacità della batteria) incidono significativamente sulla Carbon Footprint. Ad esempio, un’auto di segmento D (ad esempio Tesla Model 3), tra le più virtuose in termini di efficienza nella sua gamma, supera la Carbon Footprint di un’auto di segmento A (ad esempio Smart EQ) di quasi il 40%.
L’analisi individua poi un’ampia casistica di uso dell’auto elettrica compresa tra il caso “migliore”, rappresentato da un veicolo costruito con energia 100% rinnovabile, con ricarica di energia da impianto fotovoltaico di autoproduzione e basse percorrenze annue e il caso “peggiore”, ovvero quello di un veicolo costruito con più del 70% di energia da fonti fossili, con percorrenze sensibilmente maggiori e prelievo di energia elettrica nella fase di ricarica da una rete con elettricità prodotta in prevalenza da fonte fossile.
Quanto inquinano le auto elettriche nel loro intero ciclo di vita?
La ricerca definisce così due scenari, uno attuale e uno prospettico, identificando per entrambi le emissioni legate ai parametri espressi sopra per molti casi specifici di utilizzo e ricarica. Lo studio costituisce un vero e proprio strumento di analisi per casistiche tipiche di utilizzo, nel quale il potenziale acquirente di un’auto elettrica può individuare l’impronta ecologica che il suo profilo specifico di utilizzo andrà a realizzare. Una sorta di raccolta di “elettrotipi” basata su dati reali, che consente ad ognuno di comprendere la sua situazione e individuarne le potenzialità di miglioramento orientate alla minimizzazione delle emissioni di CO2.
Prendendo il range di migliore e peggiore casistica possibile, lo studio mostra che le vetture elettriche, nel loro completo ciclo di vita, dalla produzione allo smaltimento, possono arrivare a produrre emissioni che oscillano da un minimo di 5,5 g/km (100% rinnovabili) per una smart elettrica (nel migliore dei casi), molto vicino allo zero effettivo, a un massimo di 155 g/km (ricarica ≥ 70% fossili). Per una Tesla Model 3, invece si va da un minimo di 10,1 g/km a un massimo di 263,8 g/km, un divario che può crescere ulteriormente in funzione delle abitudini di spostamento.
Va sottolineato che questi valori sono relativi all’intero ciclo di vita e non sono pertanto direttamente confrontabili con i valori di omologazione delle vetture, riferiti alle sole emissioni allo scarico. Inoltre, non esistono studi analoghi sulle emissioni complessive delle vetture endotermiche, ma secondo stime formulate dallo stesso gruppo di ricerca, per una vettura come una smart benzina il valore minimo è oggi stimabile in 146 g/km CO2 (29,2 volte superiore ai 5,5 g/km del “migliore elettrico”), mentre il valore massimo è dello stesso ordine di grandezza della peggiore condizione per l’auto elettrica oggetto dello studio (oltre 250 g/km CO2).
In conclusione, si può affermare che produrre le batterie delle auto elettriche inquina parecchio, ma a conti fatti, dal punto di vista ambientale l’elettrico vince ancora: circa metà delle emissioni di CO2 legate alla produzione delle batterie è generato dalla lavorazione dei materiali grezzi utilizzati per costruzione degli accumulatori, mentre il 20% è imputabile alle attività minerarie. Si tratta quindi di immissioni indirette, da ascrivere nella “colonna” della CO2 equivalente. Spostando la catena industriale verso l’utilizzo di fonti rinnovabili e a bassa emissione di CO2 si innescherebbe un circolo virtuoso del quale tutti i settori potrebbero beneficiare.
Inoltre, secondo lo US Energy Information Administration, la produzione di un litro di benzina richiede circa 1kWh di energia: a seconda di come questa viene prodotta, può portare all’immissione nell’atmosfera di circa 530 grammi di CO2. In qualunque modo venga poi consumato quel litro di benzina, la CO2 indiretta va aggiunta a quella prodotta nella combustione. Ciò significa che un pieno da 50 litri di benzina porta con sé oltre 26 kg di CO2 prima ancora di aver acceso l’auto. Ipotizzando che una utilitaria percorra 15 km con un litro di benzina e abbia una vita utile di 150.000 km, si desume che nel corso della sua vita avrà bisogno di 200 pieni da 50 litri, equivalenti a un’emissione totale di 5,2 tonnellate di CO2. Oltre, naturalmente, alle emissioni prodotte dalla combustione della benzina nel motore. Dal punto di vista ambientale, quindi, l’elettrico vince sempre. Infine, bisogna considerare come le tecnologie si stiano evolvendo molto rapidamente e come lo studio si limiti a fotografare la situazione attuale. Nel giro di qualche anno la produzione delle batterie potrebbe causare emissioni molto più basse rispetto a quelle di oggi.
Quali sono le priorità per ridurre le emissioni dei veicoli elettrici?
“Come si evince dallo studio, è prioritario tenere ben distinti gli strumenti dagli obiettivi”, ha osservato Francesco Ciro Scotto, Coordinatore studi e ricerche della Fondazione Caracciolo. “Il grande obiettivo è la decarbonizzazione, mentre i processi di elettrificazione sono uno dei potenziali strumenti, che va valutato insieme ad altri altrettanto validi (motori ibridi, biocarburanti, veicoli di dimensioni ridotte). In un approccio di analisi più complesso e integrato, lo studio evidenzia l’importanza di sostenere lo sviluppo delle fonti rinnovabili, al fine di amplificare il contributo dell’auto elettrica alla riduzione delle emissioni. La crescita della domanda energetica non supportata da una immediata sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili ha un impatto sui consumi di gas (e di carbone?), in un circolo vizioso senza fine”.
Paolo Serra
25 aprile 2022
Mobilità sostenibile