Alcune delle più preziose foreste del mondo, riconosciute patrimonio mondiale dell’umanità da parte dell’UNESCO nonché aree protette, sono sotto pressione a causa dell’uso del suolo e dei cambiamenti climatici

La Legge europea sul clima riconosce alle foreste il fondamentale ruolo di “pozzo di carbonio” naturale per l’assorbimento di gas serra. Le foreste contribuiscono al sistema climatico globale emettendo e assorbendo anidride carbonica (CO2) dall’atmosfera. Ecco perché le foreste e in generale la vegetazione rappresentano degli importanti pozzi di carbonio per il pianeta, in grado di assorbire circa il 30% delle emissioni antropiche di gas-serra, cioè prodotte dall’attività umana. La vegetazione assorbe CO2 durante la fotosintesi e ciò significa che, fintanto che le piante sono vive, possono essere un importante strumento di stoccaggio a lungo termine di anidride carbonica.
L’UNESCO, in collaborazione con il World Resources Institute (WRI) e l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), ha condotto uno studio che ha fornito la prima valutazione scientifica globale delle emissioni di gas serra e del loro sequestro da parte delle 257 foreste siti del patrimonio UNESCO nel mondo, che coprono 69 milioni di ettari, (circa il doppio della Germania): sono stati stimati per la prima volta il carbonio lordo e netto assorbito ed emesso tra il 2001 e il 2020 e determinate le cause delle emissioni di alcuni siti. La maggior parte del carbonio forestale Patrimonio dell’Umanità è immagazzinato in siti tropicali.
Le notizie purtroppo non sono buone. Il rapporto finale “World Heritage Forests: Carbon sinks under pressure”, pubblicato nell’ottobre 2021 a firma di Tales Carvalho Resende (UNESCO), David Gibbs (WRI), Nancy Harris (WRI), Elena Osipova (IUCN), ha rivelato che, nonostante il notevole carbonio immagazzinato e assorbito dalle foreste attraverso la rete del patrimonio mondiale (nel corso dei secoli, esse hanno immagazzinato nella vegetazione e nel suolo circa 13 miliardi di tonnellate di carbonio che – tanto per avere un raffronto comparativo – è superiore alla quantità totale di carbonio nelle riserve petrolifere del Kuwait pari a 101 miliardi di barili), i benefici climatici anche di alcune delle foreste più iconiche e protette del mondo, sono sotto pressione dall’uso del suolo e dai cambiamenti climatici.
Ad esempio, negli ultimi 20 anni, i siti del patrimonio mondiale hanno perso 3,5 milioni di ettari di foresta (un’area più grande del Belgio) e le foreste in 10 siti del patrimonio mondiale, nonché aree protette (ad es. lo Yosemite negli Stati Uniti, la zona di Greater Blue Mountains in Australia o le foreste pluviali tropicali di Sumatra in Indonesia o ancora quelle della Repubblica Democratica del Congo) hanno emesso addirittura più carbonio di quanto siano state in grado di assorbirne, a causa, principalmente, delle attività antropiche sempre più impattanti. I modelli di emissioni non erano limitati solo ai 10 siti citati. Altri siti, che sono pozzi totali più piccoli che assorbono meno anidride carbonica in generale possono infatti svolgere un ruolo importante nella regolazione del clima a livello regionale e locale ma, nonostante i valori di assorbimento netti di carbonio nel complesso, hanno mostrato picchi o chiare traiettorie al rialzo delle emissioni che minacciano la forza del futuro pozzo. A quanto si evince, sugli altri 247 siti analizzati nello studio, almeno 166 sono ancora considerabili “pozzi” netti, mentre 81 risultano neutri.
Questi dati portano a stabilire che, in totale, questi ecosistemi forestali assorbono, ogni anno, circa 190 milioni di tonnellate di CO2 dall’atmosfera, pari a circa la metà delle emissioni di combustibili fossili annuali del solo Regno Unito. Sebbene lo stoccaggio stabile del carbonio sia importante, il carbonio emesso e catturato dalle foreste influisce più direttamente sul cambiamento climatico. Negli ultimi 20 anni, molte emissioni di CO2 da questi siti sono aumentate, alcune anche più di quanto carbonio rimuovono dall’atmosfera.

Le due minacce più diffuse per le foreste del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO sono il cambiamento climatico associato a condizioni meteorologiche avverse: incendi, tempeste, inondazioni, siccità, temperatura estremi e spostamento/alterazione dell’habitat; e pressioni sull’uso del suolo associate a varie attività umane come il disboscamento illegale, la raccolta del legno e l’invasione agricola dovuta all’allevamento/pascolo e alle colture. Questi tipi di pressioni sono segnalati ciascuno in circa il 60% dei siti del patrimonio mondiale.
Secondo la Legge europea sul clima, per raggiungere il duplice obiettivo della riduzione di emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 e della neutralità climatica entro il 2050, gli Stati membri devono potenziare la rimozione di CO2 attraverso i propri pozzi naturali. Le emissioni e gli assorbimenti di gas serra da parte delle foreste e dei prodotti dell’attività forestale in Europa avranno un ruolo fondamentale per raggiungere l’obiettivo di “meno 310 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2eq)” entro il 2030. Dunque secondo la legge ogni Stato membro sarà obbligato a compensare i cambiamenti nell’uso del suolo con il miglioramento o l’aumento della copertura forestale.
I Percorsi per proteggere le foreste del patrimonio mondiale dell’UNESCO e preservarne i benefici climatici
Sebbene siano necessari diversi interventi per affrontare tutte le minacce alle foreste del patrimonio mondiale dell’UNESCO, emergono tre distinti percorsi d’azione per proteggere queste foreste come pozzi di carbonio per le generazioni future contro i gravi eventi meteorologici e le pressioni sull’uso del suolo.
1 – Risposte rapide ed efficaci possono aiutare a prevenire la devastazione causata da eventi legati al clima
Quando si verificano eventi legati al clima come incendi estremi, spesso si perdono giorni preziosi nell’organizzazione di un intervento di emergenza a causa della mancanza di fondi e di dati affidabili, mentre durante questo periodo possono essere rilasciate ingenti emissioni. Alcuni siti del Patrimonio Mondiale hanno già adottato misure per gestire al meglio i rischi legati al clima adottando piani di adattamento ai cambiamenti climatici (es. Wet Tropics of Queensland in Australia e Mount Kenya National Park/Natural Forest in Kenya), implementando programmi integrati di gestione degli incendi (es. Cerrado Protected Aree: Chapada dos Veadeiros e Parchi Nazionali di Emas in Brasile) e sostenere iniziative di riduzione del rischio di catastrofi attraverso la protezione delle coste e la regolamentazione delle inondazioni (ad es. The Sundarbans in Bangladesh e Sundarbans National Park in India). Tuttavia, il numero di siti del patrimonio mondiale con politiche stabilite,
2 – Supportare i meccanismi che massimizzano l’integrità e la connettività delle foreste
La protezione dei paesaggi più ampi dei siti protegge i siti stessi. La maggior parte delle pressioni sui siti del patrimonio mondiale ha origine al di fuori dei loro confini, dove la protezione delle foreste è più debole. La frammentazione del paesaggio forestale intorno ai siti può generare un aumento delle emissioni di carbonio e interrompere la connettività ecologica con implicazioni per il funzionamento più ampio dell’ecosistema (ad esempio, mortalità degli alberi, movimento delle specie, ecc.) e la stabilità degli stock di carbonio. La gestione integrata del paesaggio e la creazione di corridoi ecologici e zone cuscinetto sono quindi necessarie per garantire che la capacità dei siti di immagazzinare e sequestrare il carbonio sia preservata. La creazione di zone cuscinetto è espressamente raccomandata nelle linee guida per la nomina e la gestione dei siti Patrimonio dell’Umanità. Oltre ad aggiungere uno strato di protezione ai siti, possono fungere essi stessi da pozzi netti di carbonio.
3 – Integrare i siti del patrimonio mondiale nelle agende del clima, della biodiversità e dello sviluppo sostenibile
Con l’interazione tra il cambiamento climatico globale e le crescenti pressioni umane locali, è necessaria un’azione coordinata a tutti i livelli. L’inclusione esplicita dei siti del patrimonio mondiale nelle politiche nazionali dei paesi può contribuire a iniziative internazionali, come gli obiettivi di sviluppo sostenibile, i piani d’azione per il clima (ad es. Contributi determinati a livello nazionale nell’ambito dell’accordo di Parigi) e le strategie per la biodiversità nell’ambito del Quadro globale per la biodiversità post-2020, poiché hanno il potenziale intrinseco di fungere da laboratori viventi e influenzare lo sviluppo delle politiche. Ad esempio, il programma di ricerca del Gabon presso il Lope National Park dall’inizio degli anni ’80 ha sostenuto molte delle politiche nazionali relative alla conservazione e al clima del Paese.
In conclusione le foreste del patrimonio mondiale dell’UNESCO possono continuare a essere affidabili pozzi di carbonio se sono efficacemente protette dalle minacce locali e globali. L’alto profilo, la portata globale e il potere di ispirazione dei siti del patrimonio mondiale sono alla base di un forte motivo per agire. L’attuazione di successo di azioni per proteggere queste foreste richiede la mobilitazione delle principali parti interessate (ad esempio, governi, società civile, popolazioni indigene, comunità locali e settore privato) per sviluppare finanziamenti e investimenti sostenibili e promuovere la condivisione interdisciplinare delle conoscenze per il processo decisionale.
di RELOADER Onlus
30 maggio 2022
Fonte: UNESCO – Rapporto “World Heritage Forests: Carbon sinks under pressure” – Ottobre 2021
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