L’autunno è un buon momento per piantare alberi, creando una piccola food forest e in particolare per riscoprire varietà antiche, frutti dimenticati, presenti da sempre nella tradizione del gusto e anche nella storia dei rimedi naturali

Coltivare frutti “antichi” porta una serie di vantaggi, che non riguardano solo la memoria delle tradizioni ma anche, tra le tante proprietà, quella di essere particolarmente resistenti alle patologie. I frutti dimenticati sono molti, sono frutti “minori”, che vengono in genere trascurati nei frutteti e nei giardini, ma che possono essere molto interessanti. In particolare perché sono piante resistenti che possono essere coltivate senza interventi particolari.
Il Prugnolo (Prunus spinosa) è una delle piante antiche più interessanti e attraenti, con aggraziati fiori bianchi che fioriscono a inizio primavera e, grazie all’intenso profumo, attraggono miriadi di api e pronubi e con piccoli frutti rotondi autunnali, le prugnole, di un blu dal pallido al carico con sfumature violacee.
La pianta è spontanea dell’Europa e dell’Asia occidentale, cresce dalla fascia mediterranea fino alla zona montana ai margini dei boschi e dei sentieri. È un arbusto spinoso o cespuglioso perenne, adatto anche come pianta da siepe, che fa parte della famiglia delle Rosaceae, dal greco “prunon” che indica il frutto del pruno e dal latino “spinosus” che lo identifica come una pianta spinosa. Infatti è dotata di spine appuntite, con lunghe radici che producono molti polloni, fino a creare piccoli boschetti impenetrabili, ideali per la nidificazione di uccelli. La pianta è rustica e resistente, cresce bene in tutte le condizioni di esposizione, dal soleggiato alla mezz’ombra e può raggiungere anche i 6 metri di altezza.
I fiori del prugnolo selvatico sono commestibili e possono essere usati crudi nelle insalate miste oppure per preparare risotti o minestroni o si possono mangiare impastellati e fritti. La corteccia della pianta era utilizzata in passato per colorare di rosso la lana, le foglie essiccate e tostate venivano usate come il tè o come un surrogato del tabacco.
Le prugnole sono praticamente impossibili da mangiare tal quali, per il loro sapore aspro, amaro e allappante. Dai piccoli frutti del prugnolo però si ottengono numerosi prodotti: succhi, gelatine, vini e liquori (gin di prugnola), sciroppo e validi integratori alimentari. Ottima la marmellata mista con mele (il lavoro è la separazione dei noccioli dalla polpa). Con il prugnolo selvatico si possono realizzare anche diverse ricette della cucina tradizionale, soprattutto di dolci.
Le proprietà officinali del prugnolo sono molteplici. I fiori devono essere raccolti dalla fine di marzo, in giorni asciutti, e fatti essiccare in un luogo all’ombra. Con questi fiori si può preparare un’ottima tisana depurativa, con funzione drenante e proprietà lassative e purificatrici del sangue. Sono usate anche per favorire la digestione e rinfrescare l’intestino.
Sebastian Kneipp, noto parroco tedesco inventore del metodo Kneipp, ha definito i fiori del prugnolo selvatico «il lassativo più innocuo che non dovrebbe mancare in nessuna farmacia domestica».
I fiori, che contengono tannini, amigdalina (che si perde con l’essiccazione), canferolo, oli essenziali, gomme, glicosidi flavonoidici e resine, si raccolgono all’inizio della fioritura, si fanno seccare all’ombra in strati sottili e vanno conservati in vasi di vetro o porcellana, al riparo dalla luce.
I frutti e le foglie trovano impiego officinale come astringenti e diuretici. Il succo dei frutti è usato ad uso esterno per gengiviti, stomatiti e faringiti. I frutti oltre ad essere ricchi in vitamine, sono caratterizzati da sostanza cumarinica che diminuisce la fragilità vasale ed è ritenuta affine all’esculina dell’ippocastano.
La corteccia raccolta in settembre contiene abbondante tannino, si essicca al sole e si conserva in sacchetti di carta. Presenta proprietà astringenti, per cui il decotto di corteccia è un valido astringente ed antinfiammatorio delle mucose. Ha anche proprietà febbrifughe.
Nelle preparazioni erboristiche moderne il Prugnolo è principalmente utilizzato come gemmoderivato, estratto dalle gemme appena raccolte. E’ un preparato poco conosciuto ma pieno di energia vitale, in generale è un tonico e stimolante quando l’organismo è stato debilitato da malattie o da situazioni inquinanti, logoranti e stressanti.
Le gemme di Prunus spinosa, infatti, hanno dimostrato clinicamente di possedere importanti ed interessanti proprietà terapeutiche: “Stimola il sistema immunitario quando questo ha subito mortificazioni da inquinamento ambientale, chimico, farmacologico, batterico e virale, consentendo di abbreviare il periodo di convalescenza dopo malattie polmonari.” F. Piterà (Compendio di Gemmoterapia Clinica – Ed. De Ferrari, Genova).
Uno sciroppo a base di Prugnolo è utilizzato in medicina antroposofica come tonico generale e ricostituente.
In omeopatia la Tintura Madre, preparata a partire dai giovani rami freschi all’inizio della fioritura, trova indicazioni per dolori nevralgici, eruzioni cutanee, astenie e dimagrimenti. In campo cosmetico i frutti del Prugnolo vengono utilizzati per rigenerare la cute in presenza di dermatiti, ferite e lievi ustioni, e contribuiscono inoltre all’eliminazione di funghi e batteri.
Tra Mito e Leggenda

I delicati fiori bianchi del prugnolo e la presenza abbondante di spine pungenti, attribuiscono al Pruno selvatico due nature diverse, intrecciate tra loro in un unica dimensione.
Per questo motivo si credeva che nell’intreccio dei suoi rami fossero custoditi gioie e dolori, luminosità e oscurità, il bene e il male.
Nel medioevo, per chi aveva un Prugnolo nei dintorni di casa, significava proteggere l’abitazione dalla grandine, dai fulmini, dagli incendi e gli abitanti della casa dalle brutte malattie. Era assolutamente considerata una pianta sacra da conservare e curare con generosità.
In realtà, il Prugnolo selvatico veniva utilizzato esclusivamente in medicina, ad esempio per curare ferite spalmando la polpa dei suoi frutti direttamente sul taglio.
I frutti venivano utilizzati anche per curare malanni come febbre, raffreddore e mal di gola, mentre i fiori erano impiegati come potenti lassativi, diuretici e depurativi per il sangue.
M. A. Melissari
7 ottobre 2022
Food Forest