Il 62% del patrimonio abitativo e il 38% di quello destinato ad altri usi, comprese le scuole, si trova infatti nelle classi energetiche più basse, “F” o “G”. Il focus di Legambiente Energia sull’inefficienza energetica del patrimonio scolastico di Roma

In Italia 6 immobili su 10 sono obsoleti e generano cospicui sprechi energetici. Mai come in questo periodo si sente parlare di edilizia e di riqualificazione del settore. Tra la riduzione dell’aliquota del Superbonus al 90%, la Direttiva Europea Case Green e l’andamento ciclotimico delle cessioni dei crediti, tanto è stato detto sul tema, anche erroneamente, ma molto poco di nuovo, lungimirante e concreto per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione del settore.
Eppure il settore edilizio è tra i più energivori e climalteranti e il settore edilizio scolastico, non presenta certamente caratteristiche diverse. L’edilizia rappresenta a livello europeo una quota molto importante delle emissioni di CO2 (36%) e dei consumi (40%). Eppure in Italia nell’ambito dell’edilizia vi è una scarsa attenzione per l’efficientamento: secondo gli analisti di studi di ingegneria e imprese edili il tasso annuo di ristrutturazione profonda in Italia è di appena lo 0,9%, una percentuale che consente comunque di ridurre i consumi in una forbice di valori compresi tra i 4,2 e i 5,8 TWh all’anno. In altri termini, con l’attuale percentuale di ristrutturazione profonda, le “emissioni edilizie” si riducono in una forbice di valori compresi tra 0,85 e 1,17 MtonCO2.
Tornando all’efficienza energetica delle scuole, le analisi termografiche eseguite in 33 edifici scolastici e universitari romani da Legambiente nell’ambito della campagna Civico 5.0 e Nontiscordardimè mettono in evidenza un patrimonio scolastico inefficiente e disperdente, dove studiare e lavorare non è certamente confortevole, e dove le bollette energetiche hanno un grande e importante margine di riduzione.
2 scuole dell’Infanzia, 1 scuola dell’infanzia e primaria, 10 scuole primarie e secondarie di primo grado, 9 scuole secondarie di secondo grado, 11 facoltà e dipartimenti universitari hanno presentato criticità più o meno gravi legate a dispersioni di calore (da travi e solai, infissi, cassettoni e termosifoni) con conseguente aumento dei costi in bolletta, sprechi energetici ed emissioni climalteranti. Anche gli edifici storici, nonostante le mura più spesse, hanno registrato dispersioni dalle pareti, dove sono visibili le impronte termiche dei termosifoni, infissi e cassoni per le serrande. Il caso di Roma è solo l’emblema del forte ritardo delle amministrazioni sulla messa in sicurezza degli edifici e sull’efficientamento energetico, come evidenziato anche dalla XXII edizione di Ecosistema Scuola.

Eppure il diritto allo studio non passa solo per la qualità dell’insegnamento, ma per strutture efficienti, sicure, salubri e confortevoli. Dagli ultimi dati dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica del Ministero dell’Istruzione e del Merito emerge che su 40.221 edifici scolastici il 46,1% risulta edificato prima del 1975, il 22.3% tra il 1976 e il 1992, il 12,5% dal 1993 in poi (la prima legge in materia di efficienza energetica risale al 1991), resta un significativo 19,1% di edifici il cui anno di costruzione non risulta definito. Di questi solo il 56,6% ha realizzato interventi, spesso spot, di efficientamento. Ma va ricordato che ancora oggi il 60% degli istituti scolastici soddisfa il fabbisogno energetico termico con caldaie a metano e il 10% a gasolio.
Nelle 11 Facoltà dell’Università la Sapienza monitorate, delle quali dieci all’interno della città universitaria, Il tipo di dispersioni riscontrate sono in parte differenti rispetto a quelle presenti nelle scuole di gradi inferiori: infatti nelle Facoltà in cui lo spessore del muro è maggiore questo contribuisce ad un migliore isolamento. Di conseguenzai le classiche figure delle strutture portanti risultano molto meno evidenti. Diversa la situazione trovata in quelle più recenti dove invece risultano criticità già note e tipiche.

La strada ancora da percorrere
Legambiente indica una roadmap per recuperare i forti ritardi degli edifici scolastici italiani sull’efficientamento energetico. In primo luogo, è urgente completare l’anagrafe scolastica per tutti gli edifici e rendere pubbliche le condizioni e le entità dei fabbisogni; rivedere poi i parametri di ripartizione dei fondi, orientando maggiori investimenti verso i territori soggetti a svantaggi socio-ambientali e con gap infrastrutturale; inaugurare una generazione di scuole sostenibili e innovative, aperte al territorio e dotate di servizi integrati. E ancora procedere, attraverso i fondi del PNRR, all’efficientamento energetico degli edifici e all’installazione di impianti di energia rinnovabile, raggiungendo una diminuzione dei consumi almeno del 50%. Incentivare la costituzione di comunità energetiche rinnovabili e solidali (C.E.R.S.); una seria e concreta politica di efficientamento del settore edilizio, in grado di affrontare le sfide della decarbonizzazione del settore, eliminando ad esempio le caldaie a fonti fossili dal sistema premiante e obbligando all’utilizzo di materiali innovativi e sostenibili. Infine, rivedere il sistema di incentivi in tema di edilizia e riqualificazione energetica.
In riferimento a tutto il patrimonio edilizio nazionale, infine, è pensabile che al 2030 gli edifici in classe energetica “A” saranno quasi il triplo rispetto ad oggi, passando dal 5% al 14%, con una riduzione dei consumi compresa tra il 6,5% e l’8,5% kWh/mq, passando quindi dalle attuali riduzioni di consumi del 611 TWh ad una forbice che andrà da 665 a 680 TWh. Purtroppo però si tratta di risparmi energetici e tagli di emissioni che tuttavia non sono sufficienti per raggiungere gli obiettivi europei di -55% emissioni a fine decennio. Per raggiungere questo livello, il tasso di ristrutturazione profonda dovrebbe aumentare del 50%, passando dall’attuale 0,9% all’1,4%.
M. A. Melissari
15 aprile 2023
Lo stato dell’arte